Rassegna storica del Risorgimento

MANTOVA IDEA NAZIONALE SEC. XIX
anno <1984>   pagina <9>
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L'idea nazionale a Mantova
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bene, D'Arco, Torelli, Sartoretti; così che le confidenziali conversazioni, la comune partecipazione ai congressi, lo spirito filantropico cementevano l'ami­cizia personale e l'accordo su temi di fondo, letterari e politici, dei frequen­tatori di quelle case ospitali. È da sottolineare sulla base del comporta­mento di questi uomini nel '48 e più avanti l'importanza del lavoro di elaborazione cosciente compiuto in quegli anni, di discussione o di aggiorna­mento intorno al problema politico italiano, di dissociazione (ad es. pel Tazzoli) dalle posizioni moderate in vista della congiura mazziniana del '50.
Una delle formule intorno alle quali si può far ruotare l'interpretazione della storia del sec. XIX, e, in particolare, del nodo del '48, è che il '48 fu la rivoluzione degli intellettuali (Namier); o meglio, che la base medesima del moto europeo del '48 si ritrova nell'unità culturale e ideologica del­l'Europa, nella tensione ideale e morale contro l'ordine instaurato per trenta anni dal 1815 in avanti. Se per taluni studiosi e politici essa fu la rivoluzione delle classi medie (specie in Francia o in Germania), per altri è addirittura una rivoluzione conservatrice (Cessi), nel senso che i ceti operai e contadini lottarono per le idee e le posizioni politiche della classe borghese. In Italia l'accordo tra moderati, liberali e democratici (consacrato dall'insurrezione popolare a Milano e Venezia) fu assai presto incrinato ed infine, entro l'ago­sto del '48, dimenticato e distrutto; la difesa di Venezia e Roma fino all'estate del '49 sanzionava la fine dell'anno dei miracoli, mentre restava ormai posto soltanto per la discussione politica, per il dibattito ideologico, per il giudizio sui punti essenziali di una convergenza-divergenza tra storia italiana ed europea, tra orientamenti moderati-liberali-democratici all'indomani della rivo­luzione. Il mito di Pio IX, l'idea di una trasformazione radicale della società, l'esaltazione della nazione delle intelligenze (Cattaneo), l'azione militare pie­montese si rivelano di natura contraddittoria e sovente in contrasto assai aspro tra loro, e si registrano attraverso la loro impossibile armonia nelle pagine dell'Eco del Po, nelle prese di posizione di Anselmo Guerrieri Gonzaga, nei documenti delTing. Giovanni Arrivabene (commissario del Man­tovano liberato), nelle più tarde valutazioni di don Enrico Tazzoli o del Siliprandi. H problema italiano, a differenza di quello francese o germanico, era prima di tutto un problema nazionale, come ben aveva compreso il Mazzini; il fine restava la rivoluzione democratica italiana ed europea (Fer­rari), e questa rivoluzione doveva avvenire in Italia, per iniziativa italiana e con le forze disponibili. Gli uomini del '48 nella grandissima maggioranza, non pensavano, però, alla rivoluzione , quanto piuttosto come punto di riferimento avevano il sentimento nazionale legame che unisce forze con-vergenti-divergenti a Milano, Venezia o Roma.
Se era fallito il tentativo di legare in modo permanente le masse popo­lari alla rivoluzione (in modo da generare un rinnovamento profondo della società italiana), è da dire, però, che la rivoluzione del '48 aveva fatto sorgere e tramontare nuove speranze, rimescolando opinioni e atteggiamenti, abbat­tendo il mito della invincibilità austriaca e dell'intervento francese, sottoli­neando la necessità di concordia degli intenti e il peso della diplomazia . Tra le forze liberali o democratiche, accanto a nobili, borghesi, professio-
) L. B. NAMIER, La rivoluzione degli intellettuali e altri saggi sull'Ottocento europeo, Torino, 1957.