Rassegna storica del Risorgimento
MANTOVA IDEA NAZIONALE SEC. XIX
anno
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1984
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pagina
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11
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L'idea nazionale a Mantova I
Riannodare le file, giovandosi di quella forma di libertà che il governo austriaco sembrava offrire, ricostruire le strutture non di una congiura repubblicana, ma di una cospirazione alla luce del sole, elaborare concretamente una piattaforma politica e sociale meno radicale ma aperta al contributo di tutti questi erano gli intendimenti del periodico nel compiere una duplice operazione: aperta opposizione all'Austria, assorbimento e recupero di quelle forze democratico-repubblicane che, nel recente passato, avevano diretto la congiura di Belfiore. Arrivabene, Boldrini, Nievo, Suzzara Verdi, D'Arco ecc. tendevano così a creare una sorta di borghesia letteraria capace di incidere sull'opinione pubblica nel suo formarsi, in analogia con gli sforzi del Tenca sul Crepuscolo, o del Valussi sull'Annotatore friulano,,0)
Negli ultimi anni del dominio austriaco nel Mantovano lo spirito dell'opinione pubblica delle diverse classi sociali non poteva non risentire le ripercussioni degli eventi, aumentando l'insofferenza (specie di artigiani e commercianti) in ragione diretta delle preoccupazioni politiche ed economiche per la scarsezza di lavoro, l'arenamento dei traffici, l'aumento dei generi di prima necessità; anche se non vogliamo soffermarci sulle operazioni belliche che si svolsero nell'ultima fase della guerra in territorio mantovano, non possiamo dimenticare lo scorporo della provincia (dopo l'armistizio di Villafranca e il trattato di Zurigo), la funzione della città (non più centro commerciale di transito, ma fortezza di confine), l'incertezza del domani che colpiva tanto i possidenti soggetti a notevole pressione fiscale, quanto i ceti più umili del mondo del contado. Nelle Provincie venete e nel Mantovano austriaco i ceti industriosi e possidenti risultavano sempre più indifferenti alle promesse di riforme e provvidenze di governo; il risanamento economico, la tolleranza politica, la rinascita sociale, che qualche anno prima sarebbero apparsi sufficienti al ceto dirigente ed ai liberali, ora non bastavano più, sotto la spinta delle forze nazionali; nessun vantaggio economico poteva ormai essere barattato con l'indipendenza e la libertà del paese. M La guerra del '66, troncando il nodo gordiano delle contraddizioni politiche, non avrebbe risolto, però, la complessa questione economico-sociale del paese; nel Mantovano la fine della dominazione aveva generato illusioni e speranze, che, specie per quel che riguarda Mantova (chiusa da mura e fossati), non si realizzarono. Alle inutili lamentele che si succedettero nei periodici, durante i primi anni dopo la liberazione, si potevano contrapporre soltanto una energia ed uno slancio veramente produttivi, una presenza attiva da parte del governo nazionale (accanto alle iniziative private), una espansione manifatturiera, commerciale ed agricola, analoga a quella che si andava manifestando nella restante Lombardia. In realtà si veniva proponendo, con estrema urgenza, la questione sociale nelle campagne nella quale sembrano confluire da un lato l'iniziativa democratica e garibaldina dell'età del Risorgimento e dall'altro le speranze ed anche le utopie del primo socialismo, che, dopo l'Intemazionale, si contrapponeva allo Stato nazionale, all'idea di nazionalità. In tal
10) R. GIUSTI, Orientamenti liberali nel giornalismo lombardO'veneto, Venezia. 1966: IDEM, lì Veneto nel Risorgimento dal 1848 all'Unità, Venezia, 1983.
il) A. DE MADDALENA. Centocinquant'anni di vita economica mantovana (1811-1966). Mantova, 1967.