Rassegna storica del Risorgimento

CARTEGGI (SETTEMBRINI-PANIZZI); PANIZZI ANTONIO; SETTEMBRINI LU
anno <1984>   pagina <39>
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Luigi e Raffaele Settembrini
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Al febbraio '54 risale appunto una .successiva lettera di Settembrini a Panizzi, in cui chiede ansiosamente notizie del figlio. Informa infatti l'amico che son sei mesi che non h[a] nessuna nuova di Raffaele e che è assai afflitto per lui ; e non sa se questo mancare affatto 'di notizie nasca da troppa lontananza, da dispersione di lettere, da disgrazia o da altro caso. Prega quindi caldamente Panizzi di cercare nuove di lui, e farle sapere a [loro] suoi genitori. Quindi termina: Ci rallegrammo tanto quando sa­pemmo ch'egli aveva cominciato a rientrare in se stesso, era pentito del malfatto e pareva mutato: ed ora siamo tanto afflitti. Sempre così per noi: una stilla di consolazione e poi un mare di dolori .9)
Tornato a Genova, Raffaele scrisse finalmente al padre, comunicandogli la sua decisione di non voler più navigare nel mercantile : entrerò come marinaio nella marina sarda da guerra, e così mi guadagnerò il pane da me: e il mio avvenire sarà non capitano mercantile, ma ammiraglio, e potrò meglio conseguire quel mio fine . Ed infatti l'8 agosto entrò come marinaio sem­plice di quarta classe nella marina sarda .
Nel novembre di quell'anno, in un'altra lettera a Panizzi, Settembrini, pur mostrandosi soddisfatto nell'apprendere che Raffaele, grazie anche all'in­tervento del Berchet, era entrato a far parte della marina sarda , lamenta ugualmente l'ingratitudine del figlio verso i suoi benefattori e manifesta la decisione di non scrivergli più prima di saperlo mutato e corretto .
Questa è la lettera:
È di S. Stefano, 20 novembre 1854 Onorando mio Signore
Non le ho scritto sinora per certe restrizioni al presente diminuite, per non noiarla sapendola occupata di gravi affari, e perché io non posso scriverle d'altro che di cose dispiacevoli. Quell'egregio uomo del Signor B[erchet] ha scritto a me ed a mia moglie molte carissime lettere intorno al nostro figliuolo, e tutto quello che ha fatto per farlo entrare nella marma sarda. Io sarò sempre obbligatissimo a quel venerando Bferchet], ed a Lei che affidò il mio figliuolo ad un uomo di tanta bontà e di tanto senno. > Così quello sciagurato avesse saputo meritare l'affezione di tali suoi benefattori.
Io son contento che Raffaele ha preso uno stato, che sente il bisogno, e la suprema ragione della forza, che sola può domarlo. M'aspettavo d'udirlo punito, perché con quel­l'indole non si poteva piegare da' prima alle durezze della disciplina militare. È stato punito, ha scritto alla madre, ed a me una lettera dolorosa: ed io gli ho risposto, che se egli non si mette in una vita onorata, sarà abbandonato da tutti e lasciato andare alla perdizione: che non aspetti più mie lettere, fintanto che io non avrò saputo dal Signor Bferchet], che egli è mutato. Non gli ho scritto più, né più gli scriverò fino a che non lo saprò corretto. Egli sa che io non parlo invano: e forse quest'altra forza potrà scuoterlo una volta e fargli aprire gli occhi.
Se quest'ultima e terribile pruova ruiscirà inutile, io la prego, o Signore, di non curarsi più di un discolo, di cui non mi curerò neppure io, perché curarsene saria peccato. Ma nel fondo dell'anima mi sta la speranza che la disciplina lo domerà, e che io potrò avere l'unica consolazione che desidero e che mi fa sostenere questa vita terribile: sapere che è divenuto un galantuomo.
Benedetto figliuolo, quanto mi ha fatto patire ed arrossire per lui! <.1Q>
Cfr. Lettere dall'ergastolo cit pp. 193 sgg. W Cfr. Lettere dall'ergastolo cit.. pp. 255 sgg.