Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA STORIA COSTITUZIONALE 1876-1911; SENATO RIFORMA 1876-191
anno <1984>   pagina <44>
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Paola Angioni
Fu proprio l'esigenza di respingere le velleità conservatrici del Senato che indusse uomini della sinistra a mettere in disparte le idee di riforma prece­dentemente accarezzate, per ricorrere in modo sempre più massiccio a quelle infornate che, nonostante le censure dell'opinione pubblica e qualche corag­giosa presa di posizione dello stesso Senato, sembravano più facilmente riu­scire a creare una maggioranza meno ostile al governo. Lo stesso Depretis prima di salire alla Presidenza del Consiglio, aveva più volte espresso talune perplessità circa l'azione del più alto ramo del Parlamento da lui ritenuto troppo conservatore, dimostrando di condividere le tesi di coloro che si erano dichiarati a favore di una sua trasformazione in senso elettivo. Una volta giunto al potere, però, non persegui più con la necessaria determinazione politica quello che era sembrato essere un suo obiettivo. Richiamiamo a questo proposito la risposta sostanzialmente evasiva che il 31 marzo del 1886 il Depretis dava al senatore Alvisi il quale aveva ridestato all'interno del­l'Assemblea la questione della necessità di una riforma che ravvivasse le deboli forze dell'alto Consesso.6) La riforma appariva allora al Depretis non ancora matura nella coscienza pubblica. Era poi lecito presumere che, essendo il gabinetto, che rappresentava la maggioranza della Camera, emanazione a sua volta della maggioranza del paese, a proporre la nomina dei senatori, anche il Senato rappresentasse la maggioranza del paese.7)
In base a questo logico ragionamento la questione della riforma, inco­raggiata dall'Alvisi, si arrestava e ciò dimostra come il Depretis, dopo aver mostrato di condividere le critiche largamente diffuse nei confronti dell'isti­tuto per il suo carattere tendenzialmente conservatore, avesse compreso quanto utile fosse, al fine di eliminare eventuali ostacoli all'azione governa­tiva, l'ingerenza diretta dell'esecutivo. Fu cosi che negli otto anni e nove mesi durante i quali rimase a capo del governo, propose la nomina comples­siva di 220 senatori, 56 dei quali durante il suo primo gabinetto, 35 durante il secondo ed il terzo, 49 nel quarto, 80 negli ultimi quattro governi da lui presieduti. *>
Anche Francesco Crispi era stato sin dal 1848 saldo oppositore di una Camera alta di nomina regia. Egli riteneva che per sollevare il Senato dal­l'indegno ruolo di Camera di registro si dovesse conferire all'Assemblea nuova vitalità rendendola elettiva. Si sarebbe dovuto inoltre distinguere il potere legislativo dal potere esecutivo procurando che nessun senatore potesse già appartenere a qualche altro ramo della pubblica amministrazione.9) È, però,
a 341 nella XII (1874-76), a 359 nella XIII (1876-80). All'aumento del numero dei senatori. non corrispose peraltro una più assidua partecipazione alle tornate e l'assenteismo raggiunse punte sconcertanti. Se nella prima legislatura troviamo un rapporto medio che oscilla tra il 57 e il 40, questi termini, che rappresentano il limite massimo e il minimo assoluto. erano destinati a diminuire notevolmente avvicinandosi alla XV legislatura (1882-1886) in un massimo assoluto di 38 e in un minimo assoluto dell'8. Cfr. F. LAMPERTICO, op. cit.. p. 158-
*> Ani parlamentari, Senato del Regno, discussioni. Tornata del 31 marzo 1886, p. 4662 sgg.
7) Ivi, p. 4672.
*> Cfr. S. CANNAKSA, op. cit., p. 41.
5) F. CRISPI. / doveri del gabinetto del 25 mano, Roma. 1876. p. II sgg.