Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA STORIA COSTITUZIONALE 1876-1911; SENATO RIFORMA 1876-191
anno <1984>   pagina <46>
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Paola Angioni
Bisogna comunque ricordare che nonostante fosse manifesto il degrado che aveva colpito il più alto ramo del Parlamento e nonostante la discussione sulla legge elettorale chiamasse i senatori a pronunciarsi su di una riforma, pure ci fu chi seguitò a sollevare gravi obiezioni. La prima e la più ricor­rente, anche nell'ambito della stessa Camera alta, era che con essa si sarebbe venuta a toccare l'arca santa dello Statuto. Ciò accadeva perché il pream­bolo che aveva definito questo legge fondamentale perpetua ed irrevoca­bile veniva interpretato non come una disposizione riguardante la volontà del sovrano che lo aveva concesso, bensì come una clausola concernente la sua stessa forma, il suo modo di essere, indicativa dell'immobilità assoluta della Costituzione stessa in tutte le sue parti. Non tutti, quindi, ritenevano possibile emendare lo Statuto in ciò che concerneva il Senato e l'idea di sollevare le sorti dell'Istituto, senza per questo arrecare sostanziali mutamenti alle norme statutarie, rimase tra gli intenti più vivi di alcuni studiosi che negli anni che seguirono si occuparono dell'argomento.
2. Balzata in primo piano all'approssimarsi della riforma elettorale, la questione di una riforma del Senato, fallita questa occasione politica, divenne l'aspirazione concreta e durevole di uomini di Stato, senatori e studiosi. Da più parti infatti si sentì l'esigenza di trovare una soluzione all'annoso pro­blema dell'inoperatività del Senato, divenuto una specie di più alto Consiglio di Stato 13> chiamato ad approvare le proposte del governo e della Camera, raddrizzandole nelle parti secondarie, ma certo privo di quelle prerogative che tutta la dottrina liberale del primo '800 aveva ad esso attribuito. Tutto ciò avveniva nonostante la nomina regia avesse riempito i banchi dell'Assemblea di elementi degnissimi e di grandi capacità intellettuali e pratiche.
Le analisi delle cause del decadimento fatte da coloro che vollero inda­gare sull'effettivo stato in cui versava l'istituto, sono inevitabilmente similari. Le ragioni di tali identità di vedute risiedono nel fatto che ben chiare e consolidate apparivano le ragioni di tale crisi: decrescente influenza del potere regio e crescente ingerenza ministeriale nella nomina dei nuovi mem­bri, conseguente perdita di indipendenza dell'Assemblea, uso troppo frequente del potere di infornata , scarsezza delle pubbliche adunanze e troppe assenze abitudinarie dei senatori alle tornate. Si accusava, quindi, il sistema della nomina regia di essere tale solo di nome e di far divenire il Senato, troppo facilmente, una riedizione della Camera dei deputati. Fu proprio sul sistema di nomina dei senatori che si concentrarono allora proposte ed opi­nioni diverse.
Cannizzaro che, non riuscendo a scorgere sostanziali controindicazioni ad una tale operazione, riteneva necessario restituire al Senato quella vitalità che lo avrebbe nuovamente messo in grado di adempire agli uffici conferitigli dallo Statuto. Ivi. Tornata del 13 dicembre 1881, p. 2030. Decisamente contrario a toccare l'arca santa ove sono racchiusi i princìpi dello Statuto, a toccare ciò che costituisce la essenza dello Statuto, l'organismo dello Stato , era invece il senatore Ferraris, che riteneva un Senato di nomina regia una precisa e intoc­cabile disposizione statutaria. Ivi. Tornata del 14 dicembre 1881, p. 2054.
l3> Cfr. L. PALMA, La riforma del Senato in Italia, in Questioni costituzionali, volume complementare del corso di diritto costituzionale di L. Palma, Firenze, 1885, p. 247.