Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA STORIA COSTITUZIONALE 1876-1911; SENATO RIFORMA 1876-191
anno <1984>   pagina <53>
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Sulla riforma del Senato regio
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3. Durante l'ultimo decennio del secolo, l'avanzare del movimento popo­lare di estrazione socialista o cattolica, diede al dibattito politico caratteri nuovi. La polemica antiparlamentare acquistò prevalentemente un carattere di nostalgia autoritaria tendente ad un ritorno al sistema costituzionale puro e al rafforzamento del ruolo della monarchia. L'ideologia conservatrice vedeva nel potenziamento della Camera alta un momento fondamentale della stra­tegia tesa al rafforzamento delle istituzioni in senso autoritario. In partico­lare il disegno politico legato a tale ideologia mirava alla distanza ad una riduzione delle attribuzioni della Camera a favore dell'esecutivo e della Corona e al rafforzamento dei poteri del Senato, perché istituto di nomina regia ed intrinsecamente conservatore; nei tempi brevi, però, si formulava un programma basato sull'introduzione di restrizioni e modifiche legislative al­l'elettorato amministrativo e politico. M>
Prima che le speranze e i progetti degli ambienti più conservatori si traducessero, alla fine del secolo, in un drammatico scontro politico, il dibat­tito sull'opportunità di una riforma della Camera alta continuò a mantenersi nei canali di un confronto delle idee.
È da rilevare che, nell'ultimo decennio, la presidenza del Farini, spirito rigidamente legalitario, aveva ristretto la funzione del Consesso al compito di revisione tecnica dell'attività legislativa, distaccandola ancor più dalle bat­taglie politiche. È, però, vero che, proprio in questi anni, di fronte alla passione politica e all'intemperanza di molti membri dell'altro ramo del Parlamento, il Senato consolidò il suo prestigio di corpo che si distinguerà per ponderazione, gravità, compostezza. Tuttavia al di là del senso dello Stato, della fedeltà alle istituzioni, dell'equilibrio, che pure gli venivano rico­nosciuti, i problemi che avevano animato il dibattito nei decenni precedenti continuarono a sussistere e a stimolare analisi e proposte che, come abbiamo già detto, assunsero in questi anni carattere conservatore.
Ruggero Bonghi, nel saggio su L'ufficio del Principe in uno Stato libero del 1893 constatava come il potere regio avesse subito un progressivo esautoramento da parte di quello ministeriale, ma riteneva che la monarchia, ancorché sfinita e dissanguata potesse divenire, una volta riacquistate tutte quelle prerogative che il regime parlamentare le aveva tolto, un efficace freno al parlamentarismo dominante. Una volta rafforzata la posizione della Corona nella cornice istituzionale, la miglior maniera di comporre il Senato sarebbe rimasta quella di far eleggere i senatori secondo quanto già stabilito dallo Statuto.30)
Anche Sidney Sonnino nel celebre Torniamo allo Statuto riteneva che una rivitalizzazione del Senato si sarebbe avuta solo se si fossero riaffermati i poteri della Corona. Auspicava, quindi, una radicale inversione della ten­denza che, dal '48 in poi, aveva lasciato alla Corona una funzione più formale che sostanziale, e che aveva dato invece al Parlamento e in esso soprattutto alla Camera elettiva il ruolo di effettivo interprete e rappresentante della
2) Cfr. U. LEVRA, // colpo di Stato della borghesia. La crisi di fine secolo in Italia 1896-1900, Milano, 1975. p. 193.
29) Cfr. R. MOSCAI i. Per una storia del Senato, in Clio, a, V (1969), p. 242.
iTi, BONGHI, L'ufficio del Principe in uno Stato libero, Napoli, 1922, p. 9 sgg.