Rassegna storica del Risorgimento

ZAMA PIERO
anno <1984>   pagina <345>
immagine non disponibile

Libri e periodici
345
assente è l'Archivio di Stato di Caserta. Sfruttata risulta anche la pubblicistica dell'epoca; non sempre aggiornata però risulta essere la bibliografia italiana: non viene citato neppure una volta il Mori, che ha dedicato interessanti pagine proprio alla protoindustriaJizzazione. Se la ricerca del Dewerpc tende a verificare modelli e proposte di passaggio da una società rurale manifatturiera ad una industriale, cercando di determinare la specificità storica di questa transizione e le cause del permanere meglio ancora di situazioni arretrate alle soglie di radicali trasformazioni del sistema produttivo, nel senso di una più massiccia e più incisiva presenza della grande fabbrica, attraverso una microanalisi concentrata, come si è detto, su quell'area del Regno di Napoli dove si erano avviati dall'età francese processi di industrializzazione, divenuti più intensi nel periodo borbonico, area, la Valle del Liri, perife­rica rispetto allo sviluppo dei Paesi del Nord Europa, ma coinvolta, come qualche altra zona del Regno, nel processo internazionale della rivoluzione industriale, lo studio del De Matteo, invece, ha come oggetto, in definitiva, il ruolo che lo Stato svolge nelle province napoletane ai fini di una più ampia difesa e a garanzia dei processi di accumulazione in atto ruolo su cui anche il Dewerpe richiamava l'attenzione e che era stato già oggetto di analisi da parte del Pontieri, del Demarco, del Graziani, del Cingari, di Luigi De Rosa, di Grazier e Bandera, fino alle pagine più recenti e riassuntive del Del Vecchio e del Davis.
Il De Matteo, però, va oltre posizioni meramente interpretative o illustrative in sé del ruolo giocato dai governi borbonici a protezione dell'industria, per fissare lo sguardo sin riflessi che questa politica, o meglio il suo cambiamento nel senso di una minore prote­zione, ebbe sull'apparato manifatturiero del Regno, dall'industria della carta al cotonificio, al lanifìcio (e qui osserviamo che l'indagine del De Matteo si ferma quasi esclusivamente sulla filatura, escludendo l'importante tessitoria di Arpino: deficienza di fonti?). La conclu­sione è che le nuove tariffe degli anni '40, essendo meno protettive, espongono ai contraccolpi della concorrenza estera (francese e inglese particolarmente) le manifatture del Regno di cui evidenziano la fragilità anche dei settori più progrediti, che sono i più esposti e colpiti. Avremmo, però, a questo punto voluto saperne di più sulla politica posta in essere dagli industriali nei confronti degli operai nel periodo di crisi: il De Matteo analizza solo ì riflessi che questa ebbe sui livelli occupazionali e sui salari, mentre sarebbe stato opportuno evidenziare anche se a pagare furono più donne e ragazzi o i maschi, cioè i settori più deboli e meno pagati; se alla crisi si cercò di rispondere anche con un miglioramento tecno­logico delle aziende.
Il De Matteo scrive, poi. efficaci pagine sul grado di sviluppo delle forze produttive del Regno nel settore manifatturiero, che trovano la loro ideale collocazione sia nel contesto più generale offertoci della società napoletana dal Davis (in Società e imprenditori nel Regno borbonico 1816-1860, recensito dal sottoscritto in questa stessa rivista), sia in quello più specifico del Dewerpe, il cui discorso viene ulteriormente approfondito. Il De Matteo, però, ci sembra che offra della realtà manifatturiera del Regno di Napoli una descrizione eccessi* vamente pessimistica sia quando ci dà il quadro di un'attività industriale della lana in coi la maggiore estensione dell'organizzazione di fabbrica... non offre rimarchevoli segni di ammodernaménto che possono giustificare di un processo di sviluppo in atto (per il Dewerpe tali segni ci sono, solo che non innescano un meccanismo di un più ampio sviluppo), sia quando, parlando del cotonificio d'origine svizzera, ne limita l'organizzazione e l'attrezzatura tecnica funzionale al sistema di protezione doganale perdurato fino alla metà degli anni '40: e non è certo un caso se il De Matteo nell'offrire questi giudizi valutativi non tenga conto dell'industria della carta, sulla quale di recente la Dell'Orefice ha richiamato l'attenzione, e se poi a denti stretti debba notare 1 livelli apprezzabili raggiunti dal settore meccanico grazie agli stabilimenti dello Zino, dell'Henry e Co., dell'opificio Governativo di Pietrarsa e quindi di quello appartenente alla Guppy ;e <!Q; A nostro avviso, a questo punto, sarebbe occorsa una più ampia e più analitica sezione di singole fabbriche.
Comunque ci sembra indiscutibile che le nuove iniziative, sia nei settori più nuovi, che in quelli più tradizionali, come il lanificio, modificano, anche se non in modo sconvol­gente, la vecchia struttura manifatturiera del Regno di Napoli con una chiara tendenza a concentrare risorse finanziarie, uomini e macchine e mettendo in erisi, come il Dewerpe