Rassegna storica del Risorgimento

HOFER ANDREAS; STORIOGRAFIA ITALIA; TIROLO STORIA 1809
anno <1984>   pagina <406>
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Umberto Corsini
nel Clair il sistema delle autonomie regionali e comunali, dell'autogoverno e dell'autoamministrazione in opposizione al centralismo trova il suo specifico significato dottrinale, giuridico e storico.
Intorno a questo tema, dell'incidenza del fattore autonomistico, si rin­vengono singolari analogie o distanziamenti tra la storiografia tirolese e tren­tina e quella austriaca e italiana. La storiografia tirolese lo accentua al massimo; non sottende il motivo patriottico e di fedeltà dinastica agli Asburgo, ma privilegia il primo. Innsbruck e Vienna, dalla seconda metà del secolo XVIII non si trovavano più sullo stesso piano quanto al modo di concepire e regolare i rapporti tra il governo centrale e quelli regionali. La storiografia italiana del secolo XIX non ignora la questione autonomistica, ma non ne ha matura coscienza poiché nella storia italiana si ritrova bensì una costante spinta al municipalismo e al frazionismo delle istituzioni locali, ma non alle autonomie regionali che si ergono all'interno di un unico Stato, poiché quello italiano sino al 1861 non esistette e quando fu costituito si ordinò sul modello giuridicc-amministrativo centralistico di tipo napoleonico. Perciò nella letteratura storico-narrativa italiana sull'insurrezione hoferiana prevalgono e sono privilegiate le motivazioni patriottiche e religiose dei tiro­lesi su quelle istituzionali, che restano sottese. Diversa è invece la sensibilità alla questione autonomistica nella storiografia italiana di matrice trentina. Sia che si schieri per l'autonomismo ad oltranza tirolese, sia che lo rifiuti per i suoi accenti filoasburgici minacciosi per l'italianità del Trentino, sia che parteggi per il sistema delle autonomie contro il centralismo o che di quel sistema avverta quel che esso ha di staticismo e di chiusura spirituale e politica, ha comunque coscienza del problema. Anche il Trentino, tanto nella parte del Circolo ai confini meridionali quanto in quella del Principato-Vescovile, vide distrutte come il Tirolo le autonomie comunali, riformate e sconvolte le circoscrizioni comunali, ridotto il numero delle Comuni rurali che erano stati per secoli centri di vita e amministrazione libera, trasferita in sede lontana, a Monaco, la sede del potere decisionale che a colpi di decreti dall'alto introduceva un sistema gerarchico burocratico uniformatore, insensibile alla ricca varietà delle tradizioni e dell'amministrazione libera. V'era molto di buono in tutto ciò, e di moderno nella razionalizzazione dei tessuti connettivi della vita pubblica, ma l'impatto tra il vecchio e il nuovo, improvviso e senza un periodo di evoluzione e di transito, era stato troppo violento. Fu una esperienza simile a quella che il Trentino subì dopo la sua annessione all'Italia nel 1919, e ancor più dopo il '22. Ma questa seconda esperienza era medicata dall'appagamento delle aspirazioni nazionali; quella degli anni 1806-1809 restava incomprensibile a tutti, salvo i circoli cittadini di intellettuali e borghesi.
Questa insofferenza verso il centralismo fu il vero motivo che portò i trentini a fianco dei tirolesi nella lotta contro la Baviera e i suoi alleati franco-italici, non quello di fedeltà dinastica e filotirolese, come abbiamo cercato di chiarire anche noi nelle pagine citate e in un breve lavoro sulla storia delle relazioni tra le genti poste a sud e a nord del confine linguistico di Salorno.3
32) UMBERTO CORSINI, Storia dei rapporti tra la comunità trentina e la comunità altoatesina, in Mondo Ladino, fase. 14, 1977, pp, 65-99.