Rassegna storica del Risorgimento

PECERIN VLADIMIR S.
anno <1985>   pagina <20>
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Angelo Tamborra
lo stesso itinerario di Lamennais, dal rifiuto dell'autoritarismo zarista sino al radicalismo democratico e a certo populismo.
In realtà, non si trattava solo, per lui, di un passaggio formale da una comunità ecclesiale all'altra o di una scelta, ma di una vera scoperta della fede cristiana nella sua espressione occidentale, cattolica, quando sino a quel momento era stato un cristiano russo ortodosso solo superficialmente, per battesimo e per tradizione. A questo motivo di fondo se ne aggiunsero altri, di minore momento ma pure indicativi, a cominciare da quello non propria­mente generoso, ipotizzato da Herzen quando nel 1861 ebbe a scrivere:
... io lessi il suo Tor2estvo smerti o Trionfo della morte (poema scritto da PeCerin nel 1834 e pubblicato per la prima volta nel 1861 sulla Poljarnaja Zvezda, VI, pp. 251-273) e mi chiesi se davvero quell'uomo avesse potuto diventare cattolico, gesuita. Eppure egli era appena uscito dallo zarismo ... Perché aveva bisogno così presto di una seconda autorità, di un'altra direttiva? Sentendosi isolato, uomo russo orfano, disperso e immerso sino ai capelli nell'Occidente, egli era assolutamente senza lavoro. Quando la corda alla quale si era attaccato si ruppe e il suo destino, a un tratto, lo staccò da qualsiasi punto di riferi­mento esterno, egli si sentì abbandonato a se stesso, non sapeva cosa fare, in quale direzione andare e, sfuggito dall'orbita, senza scopi e frontiera, cadde in un monastero di gesuiti.*0)
A parte la circostanza che Pecerin non era proprio giunto alla fame nera, ma aveva cominciato a inserirsi in una attività di lavoro, a Liegi, in fatto di traduzioni, lezioni ecc., al di là di tutto questo egli aspirava a raggiungere una rigida disciplina affettiva e intellettuale. Di più, un uomo vivo e attivo come lui soffriva moltissimo dell'isolamento, della mancanza di contatti, soprattutto con suoi conterranei; a differenza di Herzen, egli non era un emigrato politico, che si proponeva scopi politici e sociali a favore della sua patria, la Russia. Come sottolinea V. Frank, egli era fuggito dalla Russia, perché voleva salvare la sua anima. All'estero tuttavia egli si sentì tagliato fuori dal corso degli avvenimenti. I suoi istinti sociali lo costrinsero a ricercare una comunità in cui potesse essere utile. Egli scoprì una comunità siffatta nella Chiesa cattolica; la sua essenza sopranazionale e i suoi scopi gli diedero apparentemente l'occasione di utilizzare i propri talenti per il bene dell'umanità .4,)
La spinta occasionale a orientarsi verso il cattolicesimo giunse a Peèerin da certe Conférences philosophiques tenute nel maggio del 1840 nella chiesa di San Paolo a Liegi dal p. Charles Manvuisse, della Congregazione del S.S. Redentore. Da questo primo contatto diretto col cattolicesimo, maturò ben presto la decisione di abbandonare la Chiesa ortodossa. Escluso di poter entrare, come altri suoi conterranei, nell'ordine dei Gesuiti (il solo nome di gesuita mi ripugnava, ebbe a scrivere più tardi) o fra i Cistercensi, ulteriori colloqui col p. Charles Manvuisse e con l'alsaziano p. Leopold Ottmann (1805-1881), allora maestro dei novizi nel convento dell'ordine a
) A. I. HERZEN, Pater V. Petcherine, in Byloe i Dumy, 1852-1868, in Sobranie Soéinenii (Opere complete), voi. XI, Mosco, 1957, p. 392.
<i) V. FRANK, Ein russicher Exulant im XIX Jahrhunderl: Wladimir Petscherin, in Russland Studien. Cedenkschri/l fiir Otto Hoetzsch, Stuttgart, 1957, p. 37.