Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO SCRITTI
anno <1985>   pagina <42>
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Renato Composto
operante noi diremmo, senz'altro, rivoluzionaria abbia fatto correre l'Europa a grande incivilimento e spinto i sovrani ed i baroni a nuovi farmaci per la salute del popolo. Inutilmente, tranne che fra le righe, po­tremmo cercare un richiamo al secolo dei lumi ed a quella Rivoluzione francese che, sì, in quelTaprirsi dei secolo nuovo iacea vivere i baroni fra timori e speranze. Meno ancora potremmo chiedere un qualsiasi esplicito richiamo alla Costituzione del 1812 ed alle vicende dalle quali aveva avuto origine: tortuosamente, però, sì che appare in chiave di elogio, il giovane Crispi scrive che
ad unico segno convenìa tendessero i poteri del sovrano, e gli ordini tutti dello stato; ed ì tributi, che ai particolari domini corrispondeano ancora i vassalli, gli uffizi rimasti alla gìurisdizion signorile, i servigi militari, le investiture, i relevi, e tutti i pesi e privilegi inerenti ai feudi non poteano essere nell'era, in cui lo spirito di filantropia levava l'umanità dalle miserie a splendore. E già i pari stessi, chiamati a general parlamento, e compreso l'interesse dei tempi, rovesciavano il feudismo. e san ci vasi, che gli abitanti di qualunque comune si sguardassero di ugual diritto e condizione, e che il popolo tutto fosse retto dalla norma generale del regno. Quindi cessarono quanto fu di gius feudale, i meri e misti, ed ogni potestà esclusiva senza indennizzamento di sorta (p. 14).
Neanche un'allusione, però, alla tacita abrogazione della Costituzione del 1812 e del Parlamento siciliano; anzi, un elogio a Ferdinando I, per volontà del quale, mirando al futuro del paese,
al consolidarsi le Sicilie in unico reggimento un nuovo codice di leggi apparve bello ed ornato di tutta la luce giustinianea, e fu meglio segnata l'amministrazione della giustizia la militare e la civile dei comuni, e si sciolse il legame dei fedocommesso, e liberossi la proprietà dovendo in più branche dividersi, e per varie braccia farsi colti i campi sici­liani (p. 15).
Ovvia l'accettata conseguenza: da questo immegliarsi del politico sistema vennero accresciute le cause dei pubblici consumi e quinci insiememente a loro andò inalzandosi il modo delle imposizioni (p. 16).
Per questo giudizio positivo, sul regime borbonico, un tardo lettore dell'Ore* èo non seppe resistere all'impulso, incivile ma espressivo, di anno­tarvi il frammento : filogovernativo e filoborbonico . E certamente siamo lontani da quel preciso ed esplicito proposito di impostazione critica che, fra sette anni, correndo l'estate del 1848, Crispi darà ad uno scritto come il Manuale pei Consigli e Magistrati municipali, che pure avrà una analoga finalità pratica: da manuale, appunto. Irrimediabilmente lontani, poi, ed è ovvio, dalle dure pagine che negli Studi su le istituzioni comunali (del 1850) dedicherà al regno meridionale e da quelle ancora più dure degli Ordinamenti politici delle Due Sicilie (1853). E non può non acquistare, nel presente esame, un rilievo particolare l'undicesimo paragrafo di quel secondo scritto, dedicato specificamente all'organizzazione finanziaria borbonica. Vale, anzi, la pena leggervi il capoverso conclusivo.
Crispi ora vede che
nelle Due Sicilie la percezione della più parte dei tributi si dà in appalto, onde ecco la speculazione privata associarsi all'avarizia ufficiale, quindi divenir più complicato l'orga­nismo del governo, raddoppiarsi le concussioni e la sorveglianza a carico dei cittadini. Le dogane e 1 dazi di consumo, che pesano più direttamente sulte industrie e tolgono all'operalo il frutto della giornata del suo lavoro, sono ordinariamente amministrati in tal