Rassegna storica del Risorgimento

FALZONE GAETANO
anno <1985>   pagina <48>
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Federico Curato
Benché' scritti in anni diversi, i suoi saggi contengono un filo comune di pensiero che li rende orgànici, e non poteva essere che così in quanto la sua attività di studioso si sviluppò in un momento in cui non soltanto era divenuto di moda, da parte di taluni, dissacrare il Risorgimento, ma per quanto concerne la Sicilia era sorta, accanto alla corrente autonomista, la tendenza a voler ridurre o annullare il centralismo attuato dopo l'Unità come fondaménto ad un movimento indipendentista che si rifaceva alla nazione siciliana il cui tramonto veniva ora contestato. Il Falzone era e si sentiva profondamente siciliano, ma altrettanto profondamente era e si sentiva italiano, e combatté in tutti i modi questo ritorno ad un passato che giudicava morto e sepolto dopo che il fallimento della rivoluzione del 184849 aveva schiacciato definitivamente qualunque prospettiva di fare della Nazione siciliana uno Stato siciliano. È in base a questi criteri che attaccò tutto ciò che gli sembrava contribuisse a far rivivere un cadavere o sminuisse l'importanza degli avvenimenti siciliani nel quadro della storia italiana ed europea. E le sue critiche si appuntarono su Luigi Salvatorelli e su Pietro Silva per lo scarso rilievo ch'essi avevano dato in loro scritti quarantotteschi alla rivoluzione del 12 gennaio (laddove il F. esaltò lo Spel-lanzon che le aveva assegnato una parte ben proporzionata nella sua Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia); 12> si appuntarono veementi contro la scelta operata dall'Assemblea Regionale Siciliana di opere le quali, per celebrare il XX anniversario dell'autonomia, contraddicevano a suo avviso gli scopi per i quali la collana stessa era stata concepita, cioè il riportare nel circuito della cultura contemporanea quelle opere da cui scaturivano quelle istanze di libertà e di autogoverno che sostanziavano l'autonomia. Infatti, sostenne il Nostro, esse privilegiavano tendenze conservatrici le quali ricacciavano la Sicilia indietro di secoli anziché farla tendere alle nuove realtà. 13> Né egli risparmiò la Storia della Sicilia medievale e moderna di D. Mack Smith perché la giudicava un ulteriore documento della letteratura separatista e le rimproverava di non essere né una storia della nazione né una storia della cultura siciliana e riteneva che l'aver presentato il periodo risorgimentale dell'isola come un risentimento individuale contro Napoli svisava la realtà e disegnava un quadro della Sicilia postunitaria sulle basi di clichés cari al separatismo.,4)
L'opposizione a tutto ciò che riduceva l'affluire della Sicilia nella cor­rente risorgimentale italiana aveva come logica conseguenza l'esaltazione di quegli uomini e di quegli avvenimenti che tale corrente aveva creato o rafforzato e l'avevano da ultimo portata al successo. Di qui lo studio e la rivalutazione di Giovanni Corrao, di Rosalino Pilo, del volontarismo sici­liano (i picciotti ) e, infine, di F, Crispi.
A favore di Corrao, l'ardito combattente semianalfabeta fedelissimo a Pilo prima, a Garibaldi poi, la cui azione politica dopo Aspromonte apparve
12) Storici amnesici in // Risorgimento a Palermo, eh.
i? Un pateracchio scientifico. La Collana: Un secolo di cultura siciliana della Regione Siciliana, a cura dell'A.R.S. in // Risorgi mento in Sicilia, 1968, ricci, in II Risorgi­mento a Palermo, cit.
W) La Storia della Sicilia di Denis Mack Smith in // Risorgimento in Sicilia, 1969.