Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO BATTISTI; BIBLIOTECA BATTISTI
anno <1985>   pagina <55>
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Libri e periodici
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glianza, seguendo il modello francese, dei corpi locali di fronte al potere dello Stato (p. 230). Tutti i castelli di Jesi divengono perciò comuni autonomi sotto il controllo diretto del governo centrale. Il restaurato governo pontificio non fa marcia indietro, dando effetto ai governi provinciali, cui vengono sottoposti i governi locali. Iesi perde la sua autonomia, ha fine il libero governo: inserita nella provincia di Ancona, da quel Governo dipende. Ogni contrasto perde il motivo di essere, esauritasi ogni comunione d'interessi fra città e contado; anzi, quest'ultimo fa cadere anche i residui omaggi formali dovuti alla domi­nante . Il Regno Italico napoleonico sancisce quindi nel 1808 una realtà già affermata di fatto. Tra l'altro l'amministrazione del Regno, come avvenuto in precedenza, smembra l'antico territorio del comune di Jesi, dividendolo tra differenti dipartimenti. Conseguenza inevitabile è la fine del dominio politico della nobiltà cittadina, che si accompagna alla rinnovata eliminazione dei privilegi della nascita. La Restaurazione non porta sostanzali modifiche alla situazione, poggiando sulla razionale strutturazione amministrativa francese. C"c da dire che la cauta apertura alle forze borghesi verificatasi a livello di governi locali dopo la fine del Regno Italico, viene poi progressivamente limitata, per. accentuarsi nuovamente dopo il Memorandum del 1831. Cessa ora definitivamente il dominio cittadino sul contado, che finalmente assume fisionomia autonoma e piena personalità giurisdizionale (p. 240).
L'appendice documentaria che chiude il libro ci presenta (pp. 243-304) un sapido libello settecentesco di parte contadista: 71 Pellegrino in pellegrinaggio per il contado , di incerta attribuzione. Il pamphlet, atto di accusa contro la nobiltà di Jesi, cui si contrap­pone la condotta seria e laboriosa della classe dirigente contadista, risale ad un momento di particolare tensione fra le due parti. Il tono risulta aspramente polemico e talvolta le espressioni sono un poco forti, ma il documento permette di far luce su di una realtà emblematica, per quanto locale, ed apre una finestra sull'Italia della prima metà del XVIII secolo.
MARCO MARIA BLASETTI
MARIO BATTAGLINI, La fabbrica del Re. L'esperimento di San Leucio tra paternalismo e illuminismo; Roma, Edizione lavoro. 1983, in folio, pp. 122. L. 70.000.
Questo prezioso volume strenna della casa editrice Lavoro, espressione editoriale del sindacalismo CISL. rappresenta un importante contributo alla conoscenza di un espe­rimento pilota, attuato in Campania dalla monarchia borbonica sul luogo di un casino da caccia reale.
Si trattava del primo nucleo di una futura e mai completata città industriale, che, nel quadro del dispotismo illuminato, doveva contribuire a risolvere il problema del pauperismo, offrendo a famiglie di proletari, specializzati nel lavoro della tessitura artistica, una occasione di mutua collaborazione e di vita più agiata.
Il nuovo progetto regio di programmazione artigianale ad alto livello, significava un momento importante della lotta al feudalesimo ed un significativo esempio di collet­tivismo settecentesco; ebbe inizio nel 1789 con la fondazione della colonia di S. Leucio. Circa nello stesso anno era stata aperta con finalità analoghe, la scuola di Villa S. Giovanni. E, non si dimentichi, era proprio l'anno con il quale si apriva alla Francia ed all'Europa il lungo e sanguinoso travaglio verso istituzioni più moderne.
I maggiori pensatori dell'illuminismo napoletano dal canto loro si erano di fatto ispirati ai pensatori francesi come il Morclly, se non addirittura al Rousseau.
Non è il caso di considerare S. Leucio come un esperimento di tipo socialista, perché troppo vivo era il paternalismo regio, ma non c'è dubbio che considerare l'oppor­tunità di un'educazione professionale e politica del celi più umili non era cosa da poco. I voratori, domini e donne, impiegali nel lavoro attorno ai nuovi telai, che ancora