Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO BATTISTI; BIBLIOTECA BATTISTI
anno <1985>   pagina <69>
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Libri e periodici
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poco più di un anno prima della liberazione del Mezzogiorno, non produsse risultati peggiori e non cancellò del tutto la sua fede nella ragione, sia pure in una ragione concepita come patrimonio di pochi e quindi puntello di una visione sostanzialmente autoritaria o quanto meno borghese. Su tali basì, una volta rientrato in Italia dall'Inghilterra, Settem­brini si riaccostò alla realtà e si fece osservatore dei nuovi assetti sanciti dalla conclusione delle battaglie per l'Unità: e fu osservatore molto più che attore non tanto perché non avesse la preparazione necessaria o perché risentisse del lungo distacco dal mondo dei vivi, lui che per tanto tempo era come scomparso dalla scena e tornando si sentiva frastor­nato ( come l'asino in mezzo ai suoni , scriverà al figlio da Torino il 9-4-1860: sensazione che lo prenderà ancorai ad ogni contatto coi professionisti della politica), quanto perché ben presto si fece strada in lui la convinzione di essere giunto alla fase discendente della sua parabola, cosa che lo portò ad appartarsi ulteriormente e a concentrarsi sui due microcosmi che veramente gli interessavano: l'università e la famiglia.
Questa sommaria interpretazione dell'ultimo quindicennio di vita di Settembrini su etri in sede storiografica si è prodotta una piccola divergenza fra chi, come Themélly, parlava di una sua involuzione rispetto alle posizioni democratiche della gioventù, e chi; come Scirocco a mio parere più correttamente , scorgeva invece nel pensiero settem-briniano un'intima coerenza d'idee tra gli anni della formazione e quelli della maturità saldando questi a quelli dopo lo iato rappresentato dal carcere, trova ora una conferma in questa bellissima raccolta di Lettere edite e inedite curata da Anna Pessina con intelli­genza pari alla sua pazienza di ricercatrice. Come è noto, l'Epistolario settembriniano era stalo pubblicato a Napoli da F. Fiorentino nel 1883 ed aveva avuto una nuova edizione per mano di F. Torraca nel 1894: la Pessina ne ha ripreso tutte le lettere posteriori al 1859, dando il testo integrale di quelle più importanti e fornendo il riassunto e gli eventuali brani salienti di quelle minori; a queste 250 lettere se ne sono aggiunte quasi altrettante inedite (per la precisione 245), frutto di una ricerca capillare ma forse non definitiva nei maggiori archivi italiani e nel fondo Panizzi del British Museum di Londra. L'insieme costituisce un contributo di primo piano a ciò che la curatrice definisce un più meditato giudizio (p. xiv) sull'opera del Napoletano, cioè su quei nodi che abbiamo appena sintetizzato e che sono esposti in maniera eccellente in un saggio introduttivo ( Luigi Settembrini nella vita dell'Italia unita ) la cui conclusione ci sembra vada piena­mente condivisa laddove, enunciati i temi più significativi delle lettere della maturità, la Pessina osserva che l'individuazione dei problemi dell'Italia unita da parte di Settembrini e le soluzioni da lui proposte denunziano sempre la matrice settecentesca del suo pensiero, ragion per cui è opportuno guardare non tanto ad una frattura o ad una composizione tra il primo Settembrini e l'ultimo [...] ma piuttosto ad una continuità del pensiero settem­briniano nell'arco della sua vita (p. xxvi).
Sui contenuti concreti di questo epistolario c'è da dire che la vera novità è offerta dalla corrispondenza familiare (ma non mancano eccezioni anche sostanziose, soprattutto per quel che riguarda le funzioni e gli incarichi assegnati a Settembrini dalla Pubblica Istruzione), corrispondenza familiare che comprende le lettere all'amatissima Gigia, al figlio Raffaele, al nipote Geppino. Ed è qui che risalta quella che, pur senza riprodurre Io stereotipo contro il quale la Pessina mette giustamente in guardia nella sua Introduzione, appare comunque la vocazione più sentita, anche se non l'unica, di Settembrini, e cioè la sua propensione ad una pedagogia densa di moralismo che ne fa un vero maestro di vita. Da una parte ci sono, dunque, i problemi dell'insegnamento in senso stretto, la
3) Ad Antonio Panizzi.. nella lettera del 2-2-1861, si descriverà come un povero diavolo cui gira il capo in mezzo a grida, dimando, minacce, pretensioni, pazzie; e il 2-3-1862 da Torino, dove sta assistendo alla crisi ministeriale, esclamerà rivolgendosi alla moglie: Non ti puoi credere che cosa c'è qui, che vortice, che passioni, che intrighi : troppo per uno che si sarebbe raffigurato come una pecora pazza ... che non sa stare in branco con nessuno (a P. Villari, 20-2-1870: tutte queste citazioni sono prese dal volume che qui si recensisce).