Rassegna storica del Risorgimento

anno <1985>   pagina <362>
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Libri e periodici
rappresentato per lui, e per tanti come lui, anzitutto lo sradicamento del movimento operaio, e più latamente del socialismo, dall'ipoteca comunista, in termini che culturalmente trascen­devano lo stesso autonomismo politico di Nenni e di Lombardi, e si accingevano ad approdare alla decisiva sfida del potere, del governo, del centrosinistra, con l'esigenza urgente di ricostruire un passato, una storia, di riscoprire agganci e magari di inventarli , nel senso complesso e sottile, non sempre e non soltanto mistificatorio, che riveste di solito un'operazione culturale del genere.
In questo senso il Croce di Valiani costituiva il pendant del Turati di Arfè, la tradizione liberale che si congiungeva a quella riformistica ad un tempo contro, o almeno al di là, del classismo ed internazionalismo di Movimento operaio e del Giolitti togliattiano, in nome della libertà e della democrazia equamente affratellata nella prospettiva appunto liberatoria onde YAvanti! salutava precisamente l'avvento del centrosinistra.
Nel 1962, insomma, Croce veniva ad assumere un significato ed una portala che, dieci anni prima, sarebbe stato non solo difficilissimo, ma pressoché impensabile conferirgli da sinistra, un Croce tutto machiavelliano come ai tempi della Filosofia della pratica e delle Pagine sulla guerra, una concezione della lotta politica che fosse tutt'insieme volon­taristica e storicistica , come scrive l'A., e quindi il carattere pratico dell'errore in Croce, con tutte le difficoltà sottolineate da Antoni, l'apologia del metodo liberale e dello stesso liberalismo come atteggiamento dello spirito in Rosselli, il rinnovamento della demo­crazia promosso da Amendola ed interpretato da De Ruggiero, tutte cose che non è facile far andare assieme, e che a loro tempo si erano anche fieramente combattute fra di loro, ma che ora giovava recuperare unitariamente con un ampio sguardo retrospettivo sull'intera cultura politica non marxista della prima metà del secolo.
Nell'ottobre 1963, esaminando gli Scritti e discorsi politici, l'A. respinge ovviamente l'interpretazione della Resistenza quale secondo Risorgimento o addirittura semplicemente restaurazione della legalità soppressa dal fascismo , ma fa credito ad un Croce sempre troppo azionista della pregiudiziale della rimozione di Vittorio Emanuele III; a noi sembra che questa, per lui come per De Nicola, costituisse la mossa vincente non tanto e non solo per il salvataggio della monarchia quanto per la costituzione di quel super-governo , di quel consesso di saggi, che avrebbe dovuto garantire il pacifico passaggio al postfascismo neoliberale, quel ritorno alla borghesia che l'A. mette stringentemente sotto accusa, ma che per Croce era imprescindibile da un Iteri dicebamus in cui il socialismo gradualista avrebbe avuto, sì, il suo luogo, ma sempre convenientemente subordinato ed egemonizzato nel quadro di un metodo neogiolittiano (è singolare infatti che l'A. parli sempre di Croce e mai dei liberali, con cui egli pure pugnacemente s'identificò per più anni, a cominciare da coloro che per il socialismo di qualsiasi gradazione non nutrivano né godevano certo molte simpatie, come Roberto Lucifero).
Quanto ad Omodeo ed altri storici (i quali, per la verità con lo studioso siciliano hanno poco da spartire, e riempiono quei panorami storiografici densi di attualità culturale e politica nel tracciare i quali l'A. è notoriamente maestro) egli è anzitutto per l'A., e s'intende, il difensore del Risorgimento, sia nella sua discendenza rivoluzionaria francese che nella demolizione dell'agiografìa sabauda e nell'adesione al laicismo anticlericale, questa ultima una sottolineatura di Garosci anche nella prospettiva dell'elaborazione della crociana religione della libertà che l'A. fa opportunamente propria.
Le stroncature di Gobetti e di Rosselli passano ovviamente, da questo punto di vista, in seconda linea, mentre formano senza dubbio parte integrante, preminente e quanto mai significativa di tutta la formazione di Omodeo, troppo eticamente genti liana, risorgi-mentalmente mazziniana e, quanto alla guerra, crocianamente carducciana, per poter ammet­tere i non croi, i socialisti, i sovversivi, in un Pantheon, in una via regia, austeramente tracciata una volta per sempre.
Sono precisazioni e distinzioni che vanno fatte e mantenute con forza, anche per non farsi suggestionare da certi abbracciamenti, come quello, lo ripetiamo, del socialismo democratico e riformista all'interno della religione della libertà con lo specifico e bene­merito compito di promuovere la legislazione sociale, quasi che a ciò non fosse più che adeguato un liberalismo sociale (tuii'altra cosa, s'intende, da posteriori accoppiamenti e
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