Rassegna storica del Risorgimento

anno <1985>   pagina <368>
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Libri e periodici
nostro Risorgimento; di formulare parallelismi fra le forme di attribuzione di cariche pubbliche, in uso nella Toscana settecentesca, ed i criteri vigenti nell'odierna legislazione, o di individuare le confusioni di poteri presenti sia negli uffici statali di allora, sia in organi amministrativi della nostro epoca, quali ad esempio i consolati, dotati entro certi limiti di compiti giurisdizionali; di proporre nuovi campi di indagine come quello, assai suggestivo, di un riscontro dei laureati, nobili e non, inseriti nella classe dirigente granducale, per individuare il grado dì stratificazione e mobilità sociale dei funzionari della pubblica amministrazione del tempo. Pertanto il capitolo introduttivo risulta, oltre che guida precisa ad una migliore comprensione del testo riprodotto, un saggio a se stante sulla storia del diritto e delle istituzioni politiche e sociali.
Luigi Viviani era nato a Firenze nel 1709, da famiglia che aveva dato magistrati sia alla Repubblica, sia al Principato. Allievo all'Università di Pisa di Bernardo Tanucci presso il cui studio fece pratica legale dopo la laurea, iniziò la stesura dei Compendio su commissione del conte di S. Stefano e del marchese Montallegre all'età di 23 anni. TI lavoro, portato a termine in circa due anni di faticose ricerche negli archivi più segreti e nei tribunali più gelosi, venne dedicato dall'autore a Carlo di Borbone, che nel 1731 era rimasto in Toscana per vari mesi nella sua qualità di erede designato. L'avvento della dinastia lorenese vide la caduta in disgrazia della famiglia Viviani: Luigi sarà costretto ad allontanarsi dalla capitale nel 1741 ed a mettersi al servizio del re di Spagna. Tornato in Italia nel '44 col grado di capitano di reggimento, passerà poi a Napoli dove potrà riallacciare i rapporti con l'antico maestro. Rientrato in patria nel 1750 e posto ordine al dis­sestato patrimonio familiare, sarà nel *52 nominato residente di Carlo III di Napoli a Firenze, quindi, dal '65 al '78 anno questo del suo ritiro a vita privata ministro del re di Spagna presso lo Stato toscano.
Del Compendio Di Noto ha rinvenuto quattro esemplari: uno presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze, quasi sicuramente l'originale destinato a don Carlos; un altro con­servato presso la Palatina di Parma, copia dì amanuense esperto, di poco dissimile dal precedente; gli altri due, il primo custodito all'Archivio di Stato di Firenze, il secondo presso la Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza fiorentina e proveniente dal Collegio degli Avvocati di quella città, risultano più tardi, qua e là incompleti, testimoni quindi di scarso rilievo per l'edizione che è stata condotta sul codice riccardiano. In calce al testo per una sua più completa intelligibilità Di Noto indica le omissioni e le varianti del manoscritto parmense e, talora, quelle degli altri due esemplari. Alla fine di ogni capitolo un ampio apparato bibliografico rinvia ad autori antichi e moderni per l'eventuale approfondimento degli aspetti della storia fiorentina cui l'opera fa riferimento, degli uffici e dei personaggi più significativi citati. Frequente ancora è il ricorso ai lemmi dei dizionari etimologici più accreditati, per la spiegazione dei termini desueti. Ne risulta quindi una edizione accurata e di buon livello scientifico.
II Compendio si compone di due tomi {ridotti ad uno nella redazione parmense), entrambi divisi in due parti a loro volta precedute da una rapida introduzione storica. Il primo tomo passa in rassegna nella prima parte, che si compone di 35 capitoli le varie magistrature dello Stato fiorentino; nella seconda tratta del governo delle arti, vale a dire di quanto rimaneva ancora in vigore dell'antico ordinamento comunale: le corpora­zioni elencate sono sette, suddivise in altrettanti capitoli. Il secondo tomo descrive nella prima parte gli istituti finanziari, coi bilanci delle entrate e delle uscite; nella seconda esamina la struttura militare de! Granducato: al governo economico e a quello militare sono dedicati rispettivamente 10 e 11 capitoli.
Di Noto riconosce al testo del Viviani non pochi pregi, tenuto conto dell'età del­l'autore al momento della compilazione, della sua estraneità alla pubblica amministrazione, delle difficoltà incontrate quantunque egli appartenesse a famiglia introdotta nelle magi­strature per reperire dati e notizie. Il Compendio risulta ad ogni buon conto essere indagine diligente e corretta, strutturata in maniera simmetrica ed omogenea, frutto del­l'impegno di un giovane giurista in grado di utilizzare adeguatamente le fonti storiche e giurisprudenziali. Si avverte il riferimento a giuristi appartenenti all'area dello jus commune quali l'Ansaldo, il cardinal De Luca, lo Scaccia, l'Amava ed il Sabolli. nonché la consulta-