Rassegna storica del Risorgimento
anno
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1985
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pagina
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374
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374 Libri e periodici
nell'alta società napoletana, rendendosi anche per questa un utile tramite coi personaggi britannici. Assorbiva nello stesso tempo le idee dei liberali moderati, per le quali si espose nel 1848, ma senza confondersi coi radicali . Nel 1850 entrò nell'amicizia di Gladstone, si fece notare per le lunghe conversazioni e passeggiate che faceva con lui come con altri personaggi inglesi, e subì una persecuzione sotto forma di arresto. L'intervento dei suoi influenti amici britannici lo fece uscire di prigione dopo pochi giorni: ma quando Gladstone, tornato in Inghilterra, pubblicò le sue due famose lettere contro il malgoverno borbonico, si sospettò che Lacaita ne fosse l'autore, o che almeno ne avesse fornito i materiali. A stento ottenne il passaporto, e si recò a Londra. Quivi sposò (non senza contrasti da parte della famiglia) Maria Carmichael, con la quale già si era fidanzato a Napoli, matrimonio che lo costrinse ad entrare nell'anglicanesimo e ad una duplice cerimonia religiosa. Cominciò allora la sua vita di anglo-italiano, legalizzata per modo di dire nel 1861 con l'acquisizione della cittadinanza britannica. Nel 1874 sarà poi nominato senatore a Roma, il che significava il possesso della cittadinanza italiana. Lungo questi anni, e anche in seguito fino alla sua morte, Lacaita fu coscienziosamente un italo-inglese, leale nei confronti delle sue due patrie, in un'epoca felice nella quale gli interessi delle due nazioni largamente coincidevano.
Le notizie che questa biografia ci fornisce hanno un'utilità tutta loro particolare. Non valgono, certo, a portare ulteriori lumi ai grandi problemi che trattarono i grandi personaggi coi quali Lacaita entrò in dimestichezza: da Gladstone e dai Palmerston ai maggiori rappresentanti dell'aristocrazia inglese, da Cavour e da Minghetti a Crispi, all'imperatore Napoleone 111 e ad Eugenia, ai principi reali di Prussia e ad un'infinita serie di nomi dei maggiorenti di quasi tutta l'Europa dì allora e dell'Italia; tuttavia ci forniscono un materiale adattissimo a meglio penetrare negli ambienti, nei quali quei problemi furono discussi, affrontati e talora risolti. Ne esce un quadro di una classe dominante europea largamente omogenea per cultura e comportamenti, disposta a scambiarsi nei posti di responsabilità gli uomini più capaci, senza che la nazionalità costituisse una barriera insormontabile. Giustamente Giuseppe Galasso osserva che il caso Lacaita, benché richiami casi di altri tempi, esprime poi qualcosa di assolutamente proprio della società e della cultura italiana, inglese, europea della metà del secolo XIX . La grande circolazione di idee, di influenze, di rapporti, di ispirazioni, svoltasi in Europa sul finire del secolo XVIII tra le aristocrazie, nel secolo nuovo si sviluppò, sempre secondo Galasso, tra vecchia aristocrazia, nobiltà napoleonica, grande borghesia e, anche, intellighentsia... , ceto composito e nel suo insieme ancora più consapevole di quanto non ne fosse l'aristocrazia ancien regime della propria funzione di elemento connettivo e di mediazione della civiltà europea in tutto ciò (ed era l'essenziale e, dal punto di vista intellettuale, tutto) che essa aveva di comune . 11 caso Lacaita ha dato una dimostrazione eloquente di una storica disposizione al colloquio e alla frequentazione europea del migliore e più vivo Mezzogiorno . Anna Maria Andriani, sulle orme del Galasso, dichiara che il valore propositivo di questa sua traduzione, se vogliamo, tardiva, delle memorie sovrapposte di Giacomo e Carlo Lacaita sta nell'indicare il problema del rapporto tra Giacomo Lacaita e la realtà mandurina, per cercar di scoprire che cosa e quanto della gente del sud sia in Lacaita e come e fino a qual punto Lacaita abbia contribuito alla ricerca della identità "meridionale" nel contesto nazionale ed europeo .
Ciò significa proiettare la materia biografica offèrta dai due Lacaita in maniera assai viva, sebbene piuttosto grezza, all'attenzione assai intensa di un settore importante della nostra attuale storiografia. UMBERTO MARCELLI
ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI FERRARA, Apriamo la storia. Parte I: 1866. Il Bollettino dei telegrafi ed altre fonti, a cura di GIACOMO SA VIOLI; parte II: L'affare Persane da alcuni documenti Inediti dell'Archivio del senatore Francesco Borgattl di Cento, a cura di BRUNO VI DONI; Ferrara, Archivio storico comunale, 1984, in 16. S.p.
L'originale pubblicazione che qui si segnala è stata edita a cura di un gruppo di lavoro dell'Archivio Storico Comunale di Ferrara in occasione di una mostra curata