Rassegna storica del Risorgimento
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1985
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Libri e periodici
e di costume che si accennavano più sopra, anche presso coloro che, come Gaetano Brunetti, meglio sembravano sensibili alle esigenze dei tempi nuovi (ma non sul Pellegrino, ad esempio, il che conferma di quanto certa ruvidezza giolittìana sapesse trascendere anche le più concrete tradizioni risorgimentali, ben al di là del semplice assistenzialismo o della politica delle opere pubbliche)
L'A. non segue una linea cronologica, ma procede a temi, ad episodi, a flash, e questo è un limite del libro, che non consente di seguire adeguatamente né le ragioni e le conquiste della lenta evoluzione, né le motivazioni dei lunghi ritardi e delle vischiosità lunghissime, 11 brefotrofio, ad esempio, che si realizza soltanto col fascismo, o le vicende mediocri dell'asilo infantile rispetto agli splendori degli educandati e dei collegi, sono storie che si sarebbero dovute svolgere parallelamente ed intrecciare, perché l'una giustificasse l'altra, anziché procedere a compartimenti stagni, salendo, per così dire, dalla base al vertice della piramide sociale, quasi ad acquisire una sempre più distinta e lucida consapevolezza sociale del problema, mentre essa è ben presente sempre, nella politica, nella scelta, fatta da uomini concreti in situazioni determinate, che fanno qualche cosa perché non ne fanno un'altra, e viceversa, con una interrelazione strettissima, che nel libro non sempre, e tutt'altro che agevolmente, si riesce ad avvertire.
I procuratori del re e gli ispettori scolastici, i funzionari ministeriali, non seguono e non possono che seguire la successione di fasi della coscienza post unitaria, il fare gli italiani alla luce dU'excelsior liberale, sbozzare l'operaio evoluto e cosciente, gettare le basi della democrazia rurale cara al salentino De Viti De Marco, sempre, s'intende, in un rassicurante ambito di lealismo politico e di moralismo conservatore.
Ma a queste ancorché blandissime sollecitazioni il ceto notabilare locale, prontissimo a sclericali zzare , e quindi sostanzialmente a liquidare, le scuole pubbliche elementari femminili nel 1872, tardava fino al 1886 a rispondere per quanto attiene all'abolizione di un istituto mortificante quale la ruota degli esposti e fino all'agosto 1924, l'abbiamo visto, per l'istituzione del brefotrofio una pagina nerissima che non si riesce certo a riscattare grazie alle continuate e sterili denunzie del solito filantropo donchisciottesco, nel caso nostro l'ispettore provinciale Michele Vitto (gli ospizi per i trovatelli, come di consueto poco più che reclusori, risalivano significativamente per ambo i sessi all'iniziativa paterna di Ferdinando II).
Dell'asilo infantile, aperto nel gennaio 1866, nel grande ex convento dei Teatini, si è fatto cenno, così come della sua approssimativa gestione, non certo migliorata, a Gallipoli, dalla dirigenza laica.
Altre iniziative tipiche dell'epoca e dell'esteriore ruralismo moraleggiante, il podere modello o la scuola pratica d'agricoltura, tramontano ancor più rapidamente, non sorrette nella loro artificiosità precettistica da un'autentica ed articolata domanda sociale, mentre la scuola normale diventerà governativa già nel 1889, dopo un ventennio di fiorente attività a prò dei ceti femminili medio bassi urbani e campagnoli, proprio perché in questo caso la richiesta, nella prospettiva alternativa del lavoro più o meno nero a domicilio, permaneva fortissima, saldata ad interessi tradizionalistici ben definiti, che alla classe magistrale femminile, mediante il filtro del libro di testo ed il controllo della disciplina, attribuiva una funzione determinata di retroguardia sociale ad immediato contatto con le fasce subalterne.
Rimane la scelta consueta di vertice tra scuola classica ed istruzione tecnica, anche qui quest'ultima tardissima ad essere impiantata dopo le esigue ed esili scuole tecniche dei primi anni settanta, più vivace ed incidente quella di Gallipoli, ma sempre per motivi strutturali ed imprenditoriali di vecchia ascendenza tardosettecentesca, e dopo la deludente esperienza di un istituto ambizioso come la scuola nautica di Taranto.
L'istituto tecnico a Lecce inizierà a lavorare soltanto sulla soglia degli anni ottanta, e non solo facendo a meno della sezione fisico-matematica aperta ad ulteriori sbocchi professionali, ma anche di quella per agrimensori, quasi a sancire l'inutilità d'una specifica istituzione agraria statale in una zona dì grandi tradizioni agronomiche libere e private come Terra d'Otranto, e la strumentalizzazione del ragionieri ad una rete del credito fittissima nella zona e sempre energicamente controllata e diretta dalla grande proprietà quando non addirittura dall'aristocrazia.