Rassegna storica del Risorgimento

BRIGANTAGGIO; TRIBUNALE DI GUERRA DI GAETA 1863-1865
anno <1985>   pagina <433>
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Giustizia militare e brigantaggio 433
rito approssimativo , 14> dei Tribunali militari di guerra ordinari ne evi­denzia la particolare idoneità ad eliminare qualsiasi controllo esterno sulle operazioni -dell'esercito con una garanzia politica per l'apparato militare che agiva per conto della classe dirigente ma non intendeva subire, dopo, gli eventuali controlli della magistratura.15) Per evitare una lenta o co­munque indipendente magistratura meridionale,16) il ricorso alla giustizia militare nella lotta al brigantaggio sembrò dunque giustificato dalla celerità della procedura in tempo di guerra, caratterizzata da una scarsa incisività del diritto di difesa, dalla mancanza del grado di appello, dallo stesso "habitus" mentale dei giudici scelti e perfettamente controllati dai superiori gerarchici a garantire decisioni perfettamente allineate ai piani dell'esecutivo e non incrinate da quelle preoccupazioni garentistiche che avrebbero potuto ispirare l'attività dei giudici ordinari . ")
Dunque la precarietà della situazione internazionale del nuovo Regno,18) la effettiva gravità delle condizioni dell'ordine pubblico nel Mezzogiorno, la sfiducia verso una magistratura accusata di lentezza e compromissione con il brigantaggio, la convinzione che certe situazioni dovessero essere risolte senza eccessive preoccupazioni di formalismi giuridici e che le libertà sancite dallo Statuto dovessero essere rispettate solamente in tempi ordi­nari, dato che esse, allorché l'ordine pubblico si trovava pericolosamente minacciato dalle forze eversive della società, erano d'intralcio ad una pronta azione del governo,19) spinsero a ricorrere alla giustizia militare. Ciò però non allo scopo di amministrare la giustizia in modo migliore della magi­stratura ordinaria, ma per concorrere efficacemente alla repressione del
14) A. MANASSERO, Tribunali militari, in Digesto italiano, XXIII, 2, p. 662: La pro­cedura di fronte ai tribunali militari in guerra è più tumultuaria, più sbrigativa, ha meno controlli che non in tempo di pace... il rito è approssimativo... .
H> L. VIOLANTE, La repressione del dissenso politico cit., p. 487.
tt) Particolare clamore aveva suscitato la sentenza, che non prevedeva alcuna con­danna a morte, della Corte d'Assise di Chieti del 26 aprile 1863 contro i responsabili dei tumulti reazionari di Anelli. Per l'esame della vicenda giudiziaria e delle sue conse­guenze si veda R. MARI-UCCI, op. cit., pp. 81-90.
17) L. VIOLANTE, op. cit, p. 483; cfr. M. D'ADDIO, Politica e magistratura cit., p. 133.
i* Basterà qui ricordare l'attrito, per la questione romana, con la Francia che forniva, inoltre, sostanziosi aiuti al brigantaggio attraverso lo Stato pontificio. Cfr. A. LEVY, La cour de Rome, le brigandage et la convention franco-itatienne, Paris, 1865 e R. MORI, La questione romana (1861-1865), Firenze, 1963, passim,
I?) M. D'ADDIO, op. cit, p. 133. In particolare si era posto il problema della costi­tuzionalità della legge Pica in riferimento all'articolo 71 dello Statuto del Regno: Niuno può essere distolto dai suoi giudici naturali. Non potranno essere creati tribunali o conv missioni straordinarie . Sulla questione v. F, RACIOPPI - I. BRUNELLI, Commento allo Statuto del Regno, voi. Ili, Torino, 1909, p. 575: Devesi perciò concludere che i decreti di stato d'assedio, coi quali si estesero i Tribunali militari di guerra ai cittadini non appartenenti all'esercito, violarono manifestamente l'imperativa disposizione di questo arti­colo (art. 71). Infatti, nessuna legge consente simile estensione a beneplacito del Governo, e non si può scorgere nel breve inciso dell'art. 5 dello Statuto per cui il Re "dichiara la guerra", una implicita potestà di derogare alla prescrizione esplicita dello Statuto medesimo, per cui nessuno può essere distolto dai giudici che la legge gli assegna. Non esiste in Italia alcuna legge, la quale preavvisi il cittadino che in date circostanze egli