Rassegna storica del Risorgimento

BRIGANTAGGIO; TRIBUNALE DI GUERRA DI GAETA 1863-1865
anno <1985>   pagina <442>
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Paolo Alvazzi del Frate
Fiscale di Gaeta Pollini il fascicolo relativo al presunto brigante Salvatore Pepe, contenente le seguenti deposizioni:
Giudicato regio del Mandamento di Sessa, 22 aprile 1864 Esame di testimonio senza giuramento
Pasquale Torcila, senza soprannome, di Vincenzo, di anni 33 ... coniugato con figli, negoziante proprietario di lire cinquantamila.
R. Da circa sei anni Salvatore Pepe del fu Michele di Castellamare era alla mia dipendenza in qualità di mugnaio in un mulino che tengo per mio conto in contrada massaro inelle vicinanze del villaggio di Tuoro. Nel giorno sei marzo ultimo nelle ore pomeridiane il Pepe si prese da me in anticipazione sul suo salario mensile tre piastre. Egli era solito pernottare in una abitazione di mia proprietà unitamente alle altre persone mie salariate. Nella notte dal sei al sette detto mese non venne a dormire in detta abitazione e nel mattino appresso del sette si trovò assente dal mulino. Verificai che il Pepe aveva portato seco le sue biancherie e, dalle indagini prese, fino al declinare del giorno sei si era visto nel villaggio di Tuoro ubbriaco. E poiché era solito il soggetto in parola praticare quel villaggio e vi teneva molti amici, cosi prin­cipiai a dubitare che si fosse dato al brigantaggio sul riflesso che il famigerato Francesco Tommasino ed altri molti malviventi son naturali di quel paese e si raggiravano per quelle vicinanze e quindi avevano potuto avervi delle pratiche. Della scomparsa del Pepe e dei miei sospetti ne feci consapevole il Delegato di P.S., il Luogotenente dei Reali Carabinieri ed altre autorità.
Dopo otto giorni il Pepe si presentò a casa mia e mi narrò come nella sera anzidetta del sei marzo nel recarsi dal mulino nella contrada Pisciotta s'incontrò colla banda del suddetto Tommasino dalla quale con minaccia di vita, fu obbligato ad aggregarsi ad essa... rimase colla banda medesima per taluni giorni e fu armato di fucile; ma essendo avvenuto uno scontro tra la banda e la forza pubblica, egli, gittando via il fucile, profittò di quel conflitto e fuggì da quella riunione di malfattori e in tal modo era riuscito a liberarsi e ritornare qui in Sessa. Mi affrettai a presentare esso Pepe al suddetto Delegato di P.S. dal quale dopo di essere stato interrogato venne incarcerato.
Io per la verità non fui troppo credulo dell'assertiva del Pepe che voleva farmi intendere di essere stato obbligato dal brigante Tommasino ad- associarsi alla sua banda e lo sospettai invece, che nella pienezza della sua volontà siasi associato a quei tristi, e che poscia pentito se ne sia allontanato. Tali miei sospetti trovano fondamento nella vita viziosa del Pepe, il quale, comunque avesse da me percepito il pingue salario di ducati quindici al mese, oltre dei lucri illeciti che faceva nel mulino, che in tutto riuniva non meno di ducati venti mensilmente, stava sempre alle strette; di talché consumava il salario con anticipazione. Era molto dedito alla taverna ed alle donne, e trafficava quasi giornalmente in Tuoro, ove era solito stravizzare. Teneva in detto villaggio una estesa conoscenza, e com'è noto, la maggior parte della banda Tommasino > compone di individui di Tuoro. So che teneva molta intrinsechezza con tale Fabio... ignorandone il cognome, e so pure che dava a costui spesso delle sacchette di farina di cinque o sei rotoli la volta che sinvolava a me. Non saprei se il Fabio, ch'è un contadino, fosse manutengolo di briganti, e se si fosse cooperato per farvi aggregare il Pepe.
R, Non ho mai conosciuto, né direttamente o indirettamente Vincenzo Di Meo, Salvatore DI Meo e Stanislao Turco di Tuoro, ma all'epoca della scomparsa del Pepe, intesi dire pubblicamente che tutti e tre si erano dati al brigantaggio. Ignoro se il Pepe fosse stato in contatto coi medesimi, e né dopo il suo ritorno mi fece alcuna esternazione all'oggetto in riguardo al detti individui.
R. Ripeto che so che 11 Pepe teneva conoscenza con tutti 1 naturali- di Tuoro.