Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA MONDIALE 1914-1918; INTERVENTISMO; STORIOGRAFIA ITALIA
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1985
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Carlo Maria Fiorentino
suoi interventi,15) la guerra veniva filtrata attraverso la personale esperienza, il decano degli storici italiani confessava che
È facile oggi, con il senno di poi, ricordare certe manifestazioni ed esagerarne la portata e attribuire ad esse un valore che, in realtà, allora, quando furon compiute, non ebbero. So anch'io che sono passati quarant'anni dalla fine della guerra, ne sono passati quarantaquattro dalla proclamazione dell'intervento, so anch'io che certi gesti e certe intemperanze ai quali io, uno del popolo, ho personalmente partecipato sono condannabili alla luce, non diciamo della storia, che è troppo alta signora perché si abbia a scomodarla, ma a quella forse, del buon senso e di certi doveri di convivenza umana, che sarebbe bene non dimenticare mai. Certo, le grida e le minacce, grida e minacce, alle quali io, uno del popolo, ho partecipato, le grida e le minacce contro gli uomini politici che si potevano chiamare Giolitti e Bertolini, la tentata invasione del Palazzo del Parlamento, sono cose condannabili, ma cerchiamo di renderci conto, attraverso l'esperienza di quello che accade ai nostri giorni, se, in un momento di cosi accesa ed esasperata passione spirituale e morale, fosse veramente tanto facile pesare con la bilancia dell'orafo, la liceità e la opportunità di certi gesti, di certi atti, di certe intemperanze, Si, purtroppo, quest'uno che vi parla è un cittadino italiano che, tra i venti e i ventun anni, ha inseguito Giovanni Giolitti per via Cavour, fino alla sua casa, buttandogli dietro delle monete da un soldo e gridandogli e ne chiede ora perdono alla memoria di quella grande e nobile figura venduto . Ma non mi aveva pagato nessuno perché io gridassi questa stoltezza; ma quel gesto non era stato affatto compiuto perché forze plutocratiche o biechi ambienti reazionari avessero spinto quella gioventù italiana a compiere tali imprese. Eravamo i figli di padri che avevano visto uscire gli Austriaci da Venezia, o, anni prima, li avevano visti partirsene da Milano; eravamo i figli di coloro che avevano vissuta l'ultima fase del Risorgimento '()tó*
Questa interpretazione patriottica della guerra veniva ribadita in maniera perentoria da Franco Valsecchi in uno scritto del 1959:
È l'Italia di jeri, che trova, nella guerra 1915-18, il suo coronamento e la conclusione; l'Italia uscita dal Risorgimento, con i suoi miti e le sue illusioni, le sue fedi e i suoi ideali: la patria, esaltata come il simbolo più alto della coscienza popolare; la nazione, intesa come la più alta espressione della realtà politica; l'idea nazionale, celebrata come la meta ultima del progresso civile. E la guerra, quella guerra ch'era per noi soprattutto e prima di tutto guerra contro l'antico nemico, l'impero degli Asburgo, appariva agli italiani d'allora, figli del secolo delle nazionalità, come la continuazione delle guerre del Risorgimento, il punto d'arrivo del ciclo nazionale, che nel Risorgimento aveva trovato la 6ua espressione;ri)
mentre Arturo Carlo Jemolo, studioso cattolico dai trascorsi nazionalisti, 18> attenuava con considerazioni di ordine politico diplomatico la sua antica
*5) Cfr, per ultimo, A. M. GHISALBERTI, Ricordi di uno storico allora studente in grigioverde {guerra 1915-18), Roma, 1982.
M) A. M. GHISALBERTI, // popolo italiano e la guerra. Estratto daWAnnuario dell'Università dì Padova per Vanno accademico 1958-59, Padova, 1959, pp, 4-5.
ri) F. VALSECCHI, Angelo Gatti storico dell'ultima guerra del Risorgimento, in Nuova Antologia, aprile 1959, p, 501.
1*9 Cfr. quanto scrive lo stesso JEMOLO, Crispi, Firenze, 1970, pp. XVJ-XVII."