Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA MONDIALE 1914-1918; INTERVENTISMO; STORIOGRAFIA ITALIA
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1985
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476
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Carlo Maria Fiorentino
Paolo Alatri, a sua volta, nel quadro dell'interpretazione marxista, da lui ribadita con una certa rozzezza in uno scritto del 1982, ha sostenuto, senza adeguato approfondimento, che tutti i maggiori rappresentanti della classe di governo resero inevitabile fin dall'estate del '14 quella drammatica scelta la cui necessità sembrò esplodere soltanto nella primavera dell'anno successivo . <Q
Giampiero Carocci, da parte sua, in una brillante sintesi sull'età gio-littiana,49) riprendendo in maniera più sfumata l'interpretazione dell'intervento come operazione di politica interna, ha sostenuto che Salandra, nel 1915, svolse la funzione di convogliare in senso austrofobo le preoccupazioni conservatrici di politica interna, contribuendo così a saldarle con l'ampia base di massa della opinione pubblica interventista.50) Questo studioso, che pure ha ribadito come Giolitti non conoscesse in tutti i suoi risvolti il Patto di Londra, ma che fu comunque in qualche modo giocato da Salandra perché volle esserlo , 5l> si è spinto decisamente "oltre", in una interpertazione metastorìca dei fatti, quando ha sostenuto che
C'è piuttosto da sospettare che egli (Salandra) e Sonnino, vedendo l'abisso lungo il quale camminavano, ne nascondessero a se stessi, prima ancora che agli altri, tutta la reale gravità: in ciò forse effettivamente aiutati dalla loro inesperienza in materia diplomatica. Se così fosse, sia l'ambiguità di Salandra che la passività di Giolitti avrebbero avuto una origine psicologica analoga. Entrambi fecero lo struzzo.52)
Franco Catalano, studioso d'ispirazione marxista tra i più moderati, dopo aver parlato in uno scritto del 1960 di classe dirigente senza salda
*fl P. ALATRI, L'interventismo e la guerra, in AA.W., Storia della società italiana. Voi. 21. La disgregazione dello Stato liberale, Milano, 1982, p. 14.
*9 P. ALATRI, L'Italia nella prima guerra mondiale, in Studi sforici, gennaio 1961, p. 134.
49) G. CAROCCI, Giolitti e l'età giotittiana, Torino, 1976 (1* ed. 1961).
50) Ivi, p. 166.
5*) Ivi, p. 171: Nonostante il fortissimo sospetto, fino all'ultimo egli si rifiutò, quasi con disperazione, di credere alla esistenza del Trattato di Londra, fidando o giocando sul fatto che nessuno gliene aveva data comunicazione esplicita. Infatti, se Giolitti avesse conosciuto in tutta la sua estensione letterale il Trattato di Londra, avrebbe dovuto riconoscere esplicitamente che la politica neutralistica era ormai impossibile. Prima della firma del trattato, non credere alle parole dì Salandra, guardare negli occhi la realtà avrebbe significato dover fare ciò che Giolitti non voleva fare, cioè far cadere il ministero e succedergli con due alternative ugualmente pesanti: o stare fuori del conflitto, condurre con l'Austria trattative ingrate e infide; fronteggiare all'interno l'esasperata opinione pubblica interventista e l'ostilità della borghesia per l'alleanza che di fatto sì sarebbe stabilita fra il suo neutralismo e quello socialista; ovvero, peggio ancora, intervenire, coinvolgendo l'Italia in una guerra lunga, superiore alle sue forze, assumendosi la terribile responsabilità di mancare alla firma solennemente apposta a un trattato internazionale, e bruciando definitivamente il proprio avvenire politico. Cfr. a questo proposito, quanto ha scritto su Giolitti L. VALIANI, Recenti pubblicazioni sulla prima guerra mondiale, in Rivista storica Italiana, luglio 1960, p. 453.
52) G. CAROCCI, Giolitti e l'età giotittiana, cìt., p. 172.