Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA MONDIALE 1914-1918; INTERVENTISMO; STORIOGRAFIA ITALIA
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1985
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La storiografia sull'Intervento del 1915
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e sicura prospettiva, senza una chiara visione morale del nostro popolo , che trascinò in una guerra che sarebbe mancata di una sostanziale giustificazione ;M) in un articolo di qualche anno più tardi, pur nel quadro di un giudizio sostanzialmente negativo dell'intervento, ha messo invece l'accento sulla esigenza della classe dirigente italiana d'inserirsi nel contesto storico internazionale per procacciarsi nuovi spazi economici, in una fase di riassestamento dei mercati europei ed extraeuropei, data anche la grave crisi che stava attraversando l'Impero turco.54)
Anche Giuliano Procacci, altro studioso d'ispirazione marxista, ha parlato di un disegno di revanche della classe politica conservatrice italiana, volta a costituire quel blocco storico di tipo "prussiano" in funzione antiope-raia e antisocialista, già fallito con Crispi e con i governi autoritari di fine secolo, respingendo sullo sfondo il fattore "economico" nella decisione dell'intervento.
Proprio negli interessi del mondo economico italiano andavano ricercate secondo Michele Fatica, che ha garbatamente polemizzato a questo proposito con Procacci, le cause dell'intervento: sulla politica estera italiana, ha scritto Fatica, agivano delle spinte imperialistiche, le quali esercitavano forte potere d'attrazione su vasti settori dell'opinione pubblica, che il Di San Giuliano, per motivi vari, non volle esasperare, ma da cui furono trascinati il Salandra e il Sonnino . Quest'ultimo in particolare, secondo Fatica, pur non sapendo commisurare l'imperialismo italiano alla reale forza economica e militare del nostro paese, riuscì ad essere più abile del suo predecessore agli Esteri, costruendo più sapientemente e ragionevolmente le motivazioni interventiste. Infatti, mentre per Di San
53) p. CATALANO, La crisi della classe dirigente italiana nelle Conversazioni della guerra di O. Malagodi, in Rivista storica del socialismo, maggio 1960, p. 564.
54) F. CATALANO, Come si giunse all'intervento, in L'osservatore politico letterario settembre 1965, pp. 17-45.
55) G. PROCACCI, Appunti in tema di crisi dello Stato liberale e di origine del fascismo, in Studi storici, aprile 1965, pp. 221-237. È infatti assodato, ha scritto Procacci, che sia il paese, sia la classe dirigente giolittiana non volevano la guerra, che gli stessi uomini che ne assunsero la responsabilità erano indecisi e titubanti sino a pochi mesi prima del 24 maggio 1915, che l'esercito era totalmente impreparato. Né è sufficiente per spiegare l'intervento far ricorso alla pressione di determinati interessi industriali, che pure ci fu, ma limitata. Non si può dimenticare a questo proposito che uno dei cavalli di battaglia dell'interventismo fu l'attacco contro gli industriali "germanofili" e in particolare contro la Banca commerciale. Né si deve sopravvalutare il peso che certamente ebbe la convinzione, pressoché generale nella classe politica di allora, della brevità della guerra in cui l'Jtalia era trascinata. L'elemento che, a mio giudizio, va maggiormente sottolineato è il fatto che l'intervento venne concepito come un'operazione di politica interna. Attraverso di esso si intravedeva infatti anche la possibilità di ricostituire quel blocco di potere di tipo "prussiano", che era stato sconfitto agli inizi del secolo, e di operare una trasformazione in senso autoritario e novantottesco dello Stato liberale. Era questa una tendenza di fondo che non aveva mal cessato di essere presente e di premere: tenuta In iscacco per più di un decennio, ora essa riprendeva il sopravvento, forte del prestigio che gli derivava dall'asprezza dell'ora (ivi, p. 229).
56) M. FATICA, Bilancio di contributi recenti sulle origini e i fini dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale, in Critica storica, 1966, 3, p. 408.