Rassegna storica del Risorgimento

STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1985>   pagina <500>
immagine non disponibile

500 Libri e periodici
pericolosi sviluppi anche fuori dello stretto ambito italiano. Dopo la cessione della Savoia e di Nizza, l'Inghilterra, preoccupata dell'equilibrio mediterraneo, sospettava che si volesse barattare la Sardegna con le province nuovamente liberate nel centro e nel meridione d'Italia, e quindi anch'essa restava fredda ed incerta se concedere o meno il suo riconosci­mento al nuovo Stato. Altre Potenze, l'Austria, la Prussia, la Russia, la Spagna, erano apertamente ostili. 11 nodo delle difficoltà italiane era la questione romana, che legava in una maniera apparentemente inestricabile l'opposizione cattolica all'interno e all'estero col legittimismo e lo spirito reazionario. Pio IX era il solo sovrano italiano che restava nella sua capitale, non costretto all'esilio, protetto dalle armi francesi e da Napoleone III, avverso ad ogni proposta conciliatorìsta. Era diventato il difensore più ascoltato e più-temibile sia del potere temporale, sia dei sovrani spodestati, che speravano dal riprìstino della sovranità pontifìcia sui territori perduti l'inizio della catastrofe italiana e il ritorno sui loro troni. Ricasoli tentò di riprendere le trattative per una soluzione pacifica ed immediata della questione romana, agendo a Parigi col Vimercati e coli'Arese, e a Roma col Passaglia, mentre gli toccò difendere con energia dalle ire papali padre Giacomo da Poirino, il confessore di Cavour sul letto di morte. Sostanzialmente egli proponeva l'accordo a Roma sulle basi stesse già elaborate da Cavour e già rifiutate dalla Curia. Aggiunse di suo un più accentuato spirito riformatore del cattolicesimo: mentre lo statista piemontese aveva fatto suo il principio stesso dei cattolici liberali francesi, di Montalembert ( libera Chiesa in libero Stato ), nella vana speranza di ottenere il loro assenso per Roma capitale, Ricasoli si spinse oltre. In una lettera a Giuseppe Pasolini, prefetto di Milano, in questo volume riportata (p. 21) e già nota, propose: Soprattutto amerei che tu esaminassi a fondo se si potesse svolgere nel clero la conoscenza profonda che Roma porta a perdizione la Chiesa che le à confidata, e come la codardia dell'episcopato cospira a questa ruina, laddove resistendo potrebbe salvarla. Io ritengo per inevitabile e provvi­denziale uno scisma: in questo genere, è il solo che può salvare trasformando la Chiesa in modo che ella ritorni il grembo dei veri fedeli... La salute nostra religiosa e civile può avere grande appoggio se l'episcopato avrà coraggio e fede, e si scuoterà dal suo letargo, e sorgerà dalle sozzure ove il Papato venduto ad ima Corte infame, va gettando tutto il vero cattolicesimo . Il Barone meditava di suscitare un movimento riformatore fra il clero stesso, che non rifuggisse da uno scisma nel caso di un'opposizione assoluta da parte di Roma. Certo, egli era mosso da un elevato sentimento religioso e civile, e non teneva in conto che una tale iniziativa del governo italiano in quel momento avrebbe assunto più il significato di una pressione sulla Curia per convincerla a cedere sulla questione romana, che non il principio del rinnovamento della Chiesa dal suo interno quale premessa del rinnovamento civile dell'Italia. Ci fu, però, chi volle ricondurlo sul terreno della realtà contingente, facendolo riflettere sul pericolo che la lotta per il rinno­vamento del clero offrisse l'esca al divampare del deleterio anticlericalismo, già vivo nel partito democratico. Veramente il Giorgini gli scrisse in questi termini a proposito dei decreti che Ricasoli voleva emettere per un più equo riparto delle rendite ecclesiastiche fra i sacerdoti; ma le sue considerazioni avevano un valore più generale, prospettando il pericolo rappresentato da un ulteriore rafforzamento del partito reazionario come conseguenza di un eventuale scoppio di anticlericalismo.
La questione romana era 11 nodo dei problemi politici in un senso ancora più stretto, perché si collegava al problema del brigantaggio meridionale. Ricasoli si servi di questo nesso nel tentativo di risolvere l'uno e l'altro problema contemporaneamente.
Roma e l'ultimo brandello dello Stato Pontificio erano diventati il rifugio dei legittimisti, dei borbonici e dei reazionari. Protetti dalla guarnigione francese agli ordini del legittimista generale Goyon, ì residui dell'esercito pontificio, sconfitto a Castelfidardo, e numerosi soldati rimasti fedeli a Francesco II vi avevano trovato rifugio ed accoglienza amichevole da parte delle autorità locali. Quivi si riposavano e riorganizzavano, special­mente dopo la capitolazione di Gaeta, quando anche il loro re trovò ospitalità a Roma, in ricambio di quella che suo padre Ferdinando II aveva offerto a Pio IX nel 1849. La Corte borbonica, con non pochi aristocratici napoletani e alti funzionari, si era installata nella capitale della cristianità, e aveva stabilito intelligenze in tutto il territorio