Rassegna storica del Risorgimento

STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1985>   pagina <501>
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Libri e periodici
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continentale del vecchio Regno, per eccitare o dirigere la rivolta contro l'unità italiana. Nello stesso tempo si impostava una complessa azione diplomatica e propagandistica su scala europea, contando sulla mobilitazione dei legittimisti di ogni paese, dei sostenitori del potere temporale, dei reazionari in generale. A Marsiglia e altrove si costituirono centri di arruolamento di volontari per spedizioni armate nelle province napoletane, allo scopo di alimentarne o sostenerne la rivolta contro le autorità italiane. Naturalmente si racco­glievano denari e armi e si cercavano capi di prestigio da mettere alla testa degli insorti, per infondere fiducia nell'esito della controrivoluzione.
La politica di Napoleone III, quanto mai ambigua anche in questa occasione, suscitava speranze ed illusioni: si decideva a riconoscere il Regno d'Italia, ma permetteva gli arruolamenti di Marsiglia e di Roma, e lasciava che il Goyon favorisse le incursioni nelle province napoletane, mentre impediva agli italiani di inseguire i briganti oltre i confini del ridotto Stato Pontificio. Il brigantaggio politico, anzi, tendeva ad allargare la sua sfera d'azione alla Toscana, all'Umbria, alle Marche, costringendo il governo di Torino a immobilizzare notevoli contingenti militari su quei confini. Nel campo borbonico fiorivano le speranze di una rottura delle alleanze che fino allora avevano favorito la politica unitaria, spingendo le illusioni a prevedere un attacco austriaco dal Quadrilatero contem­poraneamente ad una sollevazione generale nelle province meridionali, che avrebbe presto permesso a Francesco II di rioccupare la sua reggia di Napoli.
Il fulcro della reazione era, dunque, a Roma, e bene argomentava Ricasoli di fronte alla diplomazia europea per dimostrarlo, controbattendo le ragioni di coloro che nell'esteso brigantaggio meridionale pretendevano di mostrare la prova della nullità politica dei plebisciti unitari.
Risolta la questione romana coll'ingresso dell'Italia nella sua capitale storica e geografica, appianato il dissidio col papa, estromessi da Roma Francesco II, la sua Corte e il presidio francese, sarebbero cadute le speranze della reazione e il brigantaggio meridionale sarebbe rientrato nell'alveo ad esso, purtroppo, da secoli consueto in quelle terre. È proprio sulle cause e natura del brigantaggio, e sui rimedi che ad esso si potevano porre, che abbondano i Carteggi del voi. XVII, offrendoci una gamma di considerazioni, ipotesi e proposte corrispondenti ai contrastanti giudizi e conclusioni della posteriore bibliografia sull'argomento, fino ai nostri giorni.
Sulle cause Ricasoli, come abbiamo già detto, propendette per la sobillazione borbonica, analoga a quella che nel periodo napoleonico dalla Sicilia, sotto la protezione britannica, era stata esercitata dalla Corte fuggiasca di Napoli sul continente. L'anno fatidico per essa era stato il 1799, quando le bande di Fra Diavolo e del cardinale Ruffo avevano riaperto la via di Napoli ai Borboni. Nel 1861 si sperava che altrettanto accadesse, sempre sulla base di una reazione sanfedistica promossa e facilitata dalla presenza del Re a Roma, tanto più vicina a Napoli. Non che Ricasoli non desse la dovuta importanza alla miseria dell'infelice ceto rurale, da cui uscivano il maggior numero di briganti; ma per lui, e per i moderati come lui, la miseria era un elemento concomitante con la sobillazione borbonica e clericale, con lo sbandamento dell'esercito napoletano, con la crisi degli ordinamenti suscitata dalla distruzione del vecchio regime e dalla contemporanea affermazione di un regime nuovo di libertà, che stentava ad affermarsi tra una guerra non ancora conclusa e una reazione ribollente in tante province. Buona parte della responsabilità andava, poi, accollata secondo lui, come sappiamo, alla politica francese. L'incidenza che il brigantaggio aveva nell'opinione pubblica europea imponeva di prendere misure tali da spegnerlo nel più breve tempo possibile: quindi la penosa necessità di ricorrere ad un'energica repressione con l'impiego della guardia nazionale e dell'esercito, anche sé la prima era in gran parte male organizzata ed infida, e il secondo era costretto a tenere il grosso delle sue forze a fronteggiare il Quadrilatero, nel timore di una possibile mossa austriaca. Nello stesso tempo, Ricasoli riconosceva la necessità di dare inizio a grandi lavori pubblici per impiegare il maggior numero possibile di contadini] ma la costruzione delle strade ferrate e ordinarie, } lavori portuali ecc., tanto necessari per rompere l'isolamento tra le varie province del nuovo Stato e trasformare nel più breve tempo possibile l'unità politica in un'unità morale ed economica, richiedevano tempo per la raccolta dei capitali, la progettazione ecc., mentre l'urgenza cresceva di giorno in giorno