Rassegna storica del Risorgimento
STORIOGRAFIA ITALIA
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1985
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Libri e periodici
di pacificare il paese, condizione anch'essa imprescindibile per procedere nei lavori.
Non mancano in questo volume voci, che accennano all'odio dei contadini verso i galantuomini ; all'errore di aver decretato l'estensione alle province meridionali delle disposizioni piemontesi eversive della proprietà ecclesiastica e di parecchi ordini religiosi: ciò aveva provocato il passaggio di tanta parte del clero alla reazione.
Il problema dell'unificazione legislativa fra le due parti del nuovo Regno si presentava irto di difficoltà, più gravi ancora di quelle che si erano dovute affrontare in Lombardia, nell'Emilia, in Toscana soprattutto, nelle Marche e nell'Umbria. Nel 1861 la Toscana conservava ancora una sua autonomia; a Napoli e in Sicilia si erano costituite le Luogotenenze, con una specie di propri ministeri, con un corpo di funzionari e di impiegati che erano in massima parte gli stessi del periodo borbonico. Le norme, che applicavano, erano sempre quelle del vecchio regime, e le applicavano col vecchio spirito. D'altronde non conoscevano le leggi piemontesi e le trovavano, quando le conoscevano, inferiori a quelle borboniche. Il tentativo di risolvere la situazione trasferendo nel Meridione, oltre alle leggi, anche i funzionari piemontesi, e al Settentrione i funzionari napoletani, provocò altre conseguenze negative invece di agevolare la comprensione reciproca.
Il sistema della Luogotenenza, già dimostratosi fin dal principio più dannoso che utile tendendo i luogotenenti a seguire una politica propria, diversa da quella ad essi proposta da Torino, sembrava ammettere realtà amministrative diverse, e alimentava le speranze dei reazionari. Il Regno delle Due Sicilie era scomparso di nome, ma nella sua natura amministrativa esisteva ancora. Lo stesso rapido succedersi dei luogotenenti, che restarono in carica ciascuno qualche mese, testimoniò dell'impossibilità di conservare quel dualismo, e Ricasoli lo risolse abolendo contemporaneamente il governatorato della Toscana e la luogotenenza. Questa unificazione amministrativa provocò le dimissioni di Minghetti, ministro degli Interni e autore del progetto favorevole alle autonomie locali.
Il volume ci fornisce importanti notizie sui protagonisti maggiori e minori di quell'anno particolarmente travagliato. Su Minghetti ci dice che la controversia sull'ordinamento amministrativo del Regno, decisiva per indurlo alle dimissioni, non fu la sola a metterlo in contrasto col Barone di ferro: tutta la sua azione come ministro degli Interni è accusata fin dal principio del nuovo Ministero di debolezza e di mancanza di continuità e peggio, sia per il mantenimento dell'ordine pubblico nelle province anche dell'Italia centrale, sia nei confronti del brigantaggio meridionale. Lo si accusava di tolleranza soprattutto nei confronti di tumulti provocati dai democratici. Abbastanza frequenti le critiche a questo proposito di personaggi politici, che si rivolgevano direttamente al Presidente del Consiglio.
La luogotenenza di Ponza di San Martino sottosta anch'essa a gravi critiche, finché il nobile piemontese non fu sostituito dal generale Cialdini, e anche su quest'ultimo il volume ci fornisce notizie e giudizi sulla sua azione politica e militare non sempre favorevoli, finché con lui si pose termine alla luogotenenza di Napoli.
In questo volume i Carteggi riguardano esclusivamente, o quasi, la parte continentale dell'ex-Regno delle Due Sicilie, coprendo i mesi dell'effettiva durata della luogotenenza Cialdini.
Dalle voci raccolte in questi Carteggi, sorge l'impressione che i perìcoli costituiti dalla forza non doma della reazione cattolico-legittimista in tutto il Regno, dal particolarismo o, eufemisticamente, autonomismo di tante province, dall'incapacità del ceto contadino di esprimere le sue esigenze in forma diversa da un brutale e sanguinario brigantaggio ammantato di legittimismo borbonico, costrinsero il governo italiano, d'accordo col Parlamento, a mettere in atto una politica centralizzatrice e repressiva di tipo giacobino, per salvare il Regno uno e indivisibile contro la caotica sovversione d'impronta galiziana e quella subdola, ma non meno dannosa, degli Interessi locali, pronti a travolgere il concetto d! autonomia comunale e provinciale, proprio di un sistema liberale democratico, nella conservazione e ampliamento dei poteri di ristrette cerchie locali. L'amministrazione accentratrice e i non molti poteri concessi agli organi periferici sottoposti al controllo statale, avrebbero dovuto costituire un argine alla degenerazione amministrativa, ritenuta esiziale alla vita e allo sviluppo dell'Italia unita.
UMBERTO MARCELLI