Rassegna storica del Risorgimento

STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1985>   pagina <507>
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Libri e periodici 507
agrarie, trasformazioni colturali ed agronomiche ecc.), ma con fattori sociali.
Per quanto riguarda poi il punto riguardante l'accesso alla proprietà della terra da parte di un bracciantato agricolo che lavora più o meno a part-time, vogliamo ricordare al Montroni (poiché le vendite dell'Asse Ecclesiastico e demaniali avvennero in larghissima parte nel primo ventennio di vita unitaria) il censimento del 1881. Montroni conta in tutta la Provincia di Terra di Lavoro 5.339 persone che fino alla fine del secolo acqui­starono terreni dell'Asse: di esse attorno a 1.000 non risulterebbero iscritte nei ruoli dell'imposta fondiaria degli anni 1873-1874 e questa cifra potrebbe anche salire a 1.500 considerando quelle persone che hanno comprato tra il 1875 ed il 1880 (il discorso, come si può notare, è proprio al limite). Ammesso e non concesso che tutte queste persone svolgessero l'attività di bracciante agricolo part-time, se le rapportiamo al totale delle categorie censite con qualifica inferiore operanti in agricoltura (206.555 individui, secondo appunto il censimento del 1881),5) ci accorgiamo che la loro incidenza risulta essere appena dello 0,73. Né la situazione, aggiungiamo, potrebbe cambiare molto se conside­rassimo anche gli acquirenti dei beni demaniali (e qui notiamo che sarebbe opportuno in questo tipo di ricerche procedere per analisi congiunte di tutti e due i tipi di vendite). Quanto poi al ruolo esercitato dai gruppi terrieri mercantili più forti, il Montroni lo analizza sulla base di un campione limitato ali'8 di tutti gli acquirenti provenienti tutti dalla Provincia di Terra di Lavoro. Non sembra, però, che il Montroni abbia esplicitato le località di provenienza di questo ristretto campione. Sembra, però, di dover comprendere da alcuni spunti che si tratti di Caserta, Sora, S. Maria C.V., Piedimonte Matese, Maddaloni, Aversa, Marcìanise, Cancello Arnone. Se così è, il risultato poteva anche essere scontato in partenza in quanto, meno uno, si tratta di centri notevolmente attivi sotto il profilo commerciale per tutto il primo Ottocento preunitario (nei detti centri o a ridosso si è assistito allo sviluppo delle manifatture seriche, della lana, del cuoio, del cotone; in altri di un ampio mercato cerealicolo-canapicolo), dove la borghesia agraria-commerciale-manifatturiera ha sempre esercitato, in modo vario e differenziato da centro a centro, un notevole peso: e non c'è da meravigliarsi se ora non si lascia sfuggire l'occasione offerta dalla vendita dei beni dell'Asse e demaniali.
Occorreva allora, poiché questo è uno dei temi centrali dello studio, se non il centrale, in quanto avrebbe la funzione di reggere una particolare e nuova ipotesi di lettura dello sviluppo capitalistico nelle campagne meridionali (dinamismo contro immo­bilismo, la famiglia-impresa), una campionatura più vasta ed ampia, più rappresentativa delle diverse situazioni geo-economiche.
Alcune altre osservazioni ci sentiamo di dover fare: capita, allorché viene analizzato il processo delle vendite dei beni dello Stato, di veder concentrata l'attenzione sul solo aspetto quantitativo (quanti ettari andarono ai gruppi più forti, quanti altri a quelli meno forti, quanti ai braccianti e così via), e di vedere trascurati gli aspetti qualitativi con gli annessi meccanismi, tattiche e strategie attuate dai ceti sociali dominanti. Così capita anche al Montroni di non averci detto niente del rapporto tra impiego del danaro e rendita fondiaria, tra impiego del denaro-rendita fondiaria-rendita imponibile, tra impiego del danaro-destinazione produttiva delle terre-rendita fondiaria-acquirenti distinti per cate­gorìe sociali. Avendo trascurato questo punto riesce facile poi al Montroni polemizzare col Colapictra, che per gli Abruzzi ha notato uno stretto legame tra ceto politico e vita amministrativa e vendite.
Onde poi evidenziare il ruolo degli acquirenti molto modesti, il Montroni evidenzia la particolare distribuzione dei lotti per classi di ampiezza. Non ci dice, però, dal momento che il suo discorso è quello di evidenziare l'apporto dei piccolissimi proprietari* affittuari-braccianti part-time, quanti dei lotti minori siano andati a finire nelle mani dei più grossi acquirenti ascrivibili alle categorie superiori del mondo rurale mercantile (perché
3 Per le varie analisi e confronti con il censimento del 1901 si rimanda a CARMINE CIMMINO, Agricoltura, esodo, malessere e regime demografico nel Mezzogiorno (1861-1900): tt caso della Provincia di Terra di Lavoro, in Storia Meridionale Contemporanea, Quaderno della Sezione Campana dell'Istituto socialista di studi storici, Napoli, 1983-1984.