Rassegna storica del Risorgimento

STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1985>   pagina <512>
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Libri e periodici
ed assimilatore post minghettiano apertissimo alla società, ma altrettanto duramente chiuso al socialismo, e quindi le mille miglia sostanzialmente lontano da un Giolitti, col quale la collaborazione non poteva che essere tecnicamente finanziaria, la conversione della rendita, al di qua di ogni possibile slargamcnto latamente economico.
Ed un'altra differenziazione nettissima era data dal laicismo, le guarentigie statutarie o il neoghibellinismo di cui di Rudinl aveva parlato alla Scala ed a Montecitorio già nel '91, e che segnavano un richiamo netto, stavolta, alla Destra storica, ma attraverso Visconti Venosta, la cui francofilia costituiva un'altra nota distintiva, questa chiaramente anticrispina, della quale peraltro Luzzatti e di Rudini, quest'ultimo soprattutto, si erano saputi accorgere una volta per tutte soltanto dopo Adua, dopo che nel '91 quelle di Nicotera e dell'estrema in proposito non erano apparse altro se non avvisaglie più o meno spericolate.
Il discorso, insomma, muta profondamente a seconda delle perìodizzazioni, e la caratterizzazione che gli viene conferita dall'A. è valida soltanto a partire dal '96, mentre per il ventennio precedente ci sarebbe davvero da discutere.
c'è da discutere anche sul lerminus a quo, dunque, che non è il '96, come sarebbe stato logico supporre, e neppure il '98, allorché di Rudini significa tuia cosa determinata nei panorama politico italiano, - bensì il giugno 1900, alla vigilia delle elezioni generali, allorché egli è indubbiamente un vinto, in ogni caso un emarginato, e la sua non può essere che una strategia di sopravvivenza, grazie specialmente a certa versatile insostituibilità di Luzzatti (quanto diversa dal rigorismo un po' ottuso di Rubini, che si conferma comunque qui il solo autentico e ragguardevole erede della Destra lombarda, e questa, a sua volta, l'unica genuina alternativa anticrispina ed antigiolittiana fino al tramonto di Zanardelli) tra l'opposizione manovrata e la collaborazione condizionata.
11 problema, lo ripetiamo, è Sonnino, ed è egli il protagonista indiretto e defilato di questo libro, che ribadisce ad abundantiam così la sua radicale incapacità ad assumere veste e ruolo di leader parlamentare, di capo effettivo di un'opposizione sostanzialmente inesistente se non nei confronti di una nebulosa maggioranza (si dovrebbe fare la storia terminologica di questo concetto, fin da quando De Sanctis ne trattava sul Diritto guardando ai possibili sviluppi e connubi di Cairoli) come la sua solitaria validità ad esprimere un compiuto programma riformistico di governo, e non soltanto per quanto attiene al Mezzo­giorno o alla liberalizzazione più o meno moralistica della vita pubblica.
Oltre la metà del volume è costituito da carteggi, raccolti dall'A. con grandissimo zelo e con risultati eccezionali di accesso negli archivi pubblici e privati, che gli consentono di disporre già in cantiere o addirittura in stampa di altri consistenti contributi documentari sul perìodo in esame.
Tra queste lettere, a parte l'accennata bella documentazione dello spirito di vecchia Destra che si riscontra in quelli di Visconti Venosta, sì da completare efficacemente, per questa parte, l'indimenticabile medaglione di Chabod (ma è sempre un revenant, vent'anni dopo!) le più notevoli sono senza dubbio quelle del Rudini a Luzzatti, alle quali l'A. farà ben presto seguire l'analoga corrispondenza attinente all'ultimo decennio del secolo, e che per il momento non fanno altro che sottolineare l'isolamento diffidente e deluso del vecchio leader, non solo nei confronti di Sonnino, ma dello stesso Visconti Venosta, salvo a doversi subordinare al primo nella piattaforma meridionalistica e ad accettare Giolitti come un inevitabile meno peggio (ma l'unione delle forze costituzionali li accomuna tutti, nel novembre 1904, all'indomani di elezioni generali che qui vengono interpretate ancora una volta come esclusivamente antisoci al iste), un tramonto, insomma, assai più onorevole dì quanto potesse per l'addictro supporsi, ricco di spunti intelligenti sull'emigrazione, sulla piccola proprietà, sulle acque e boschi di Nitti (che non a caso avrebbe riservato al Rudini un famoso quanto insolitamente benevolo attestato di radicalismo ), ma sempre un tra* monto o, piuttosto, una irreversibile sconfitta politica
E questo era il vero tema da dibattere, su cui 11 libro porta un'infinità di pezze d'appoggio, una bibliografia accuratissima ed estremamente aggiornata, ma una mentalità troppo in media re, lo ripetiamo, che non giova all'interpretazione, e tanto meno a quella * filosofia , ancor più che ideologia tout court, senza la quale non si fa storia della Destra.
RAFFAELE COLAPIETRA