Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO; MOVIMENTO CATTOLICO ITALIA 1887-1895
anno <1986>   pagina <18>
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Filippo Mazzonis
2) La prima volta di Crispi
Che Crispi se l'aspettasse o meno, che lo volesse oppure no, il problema del rapporto con i cattolici finì, come è noto, per caratterizzare e condi­zionare tutta la sua attività di Presidente del Consiglio. Volente o nolente, ho detto; certamente non voleva e dimostrò di non gradire affatto la pro­spettiva all'epoca della sua prima esperienza, durata dal 7 agosto del 1887 fino alle dimissioni del 6 febbraio 1891, salvo il piccolo rimpasto del marzo 1889 per imbarcare, fra gli altri, Seismit Doda e (soprattutto) Giolitti. Dirò subito le ragioni di questa mia certezza, anche per chiarire l'equivoco che, a mio avviso, tuttora sussiste nella storiografia a tale riguardo. Per spiegarmi meglio, sarà opportuno richiamare i termini essenziali del quadro che qui ci interessa.
Bisogna risalire all'indomani delle elezioni politiche generali del 1886, i cui risultati parvero dar ragione alle più pessimistiche previsioni di quanti, soprattutto fra i cattolici transigenti e conservatori, si erano dichiarati sempre contrari al mantenimento del non expedit: non tanto a causa del sostanziale e oggettivo indebolimento della maggioranza governativa, bensì per la consistente affermazione di forze chiaramente estremistiche e rivolu­zionarie, o peggio ancora. ,8> Per coloro i quali, cattolici o laici che fossero, avevano a cuore un ordinato sviluppo della società, tutti quei voti rossi costituivano ben più. di un campanello d'allarme: avrebbero dovuto rappre­sentare il salutare scossone, utile a convincerli dell'opportunità di trasferire al più presto anche nelle aule parlamentari quelle felici esperienze di collaborazione tra cattolici e moderati che avevano già dato così positivi risultati nella gestione amministrativa di alcune importanti città, prime fra tutte Roma. 19> Condizione preliminare e indispensabile era che si realizzasse l'auspicata conciliazione tra Stato italiano e Chiesa romana, sì che al popolo cattolico fosse permesso di recarsi alle urne politiche. Dopo i primi segnali negativi e sconfortanti, 20> ben presto il corso degli avvenimenti sembrò indirizzarsi con decisione verso una soluzione positiva: il ripetersi, in questo senso, di episodi altamente significativi, significativi per l'autore­volezza di chi li promuoveva o per l'importanza dell'occasione che li deter-
18) Al Partito operaio, che aveva presentato proprie liste in 14 collegi, erano andati complessivamente 17.000 voti, mentre al Partito socialista rivoluzionario riuscì di far eleggere quattro dei suoi candidati portati nelle liste radicali: di essi uno aveva combattuto alla Comune di Parigi (Amilcare Cipriani), un altro era stato seguace di Bakunin (Andrea Costa). Per un'analisi del risultato politico complessivo delle elezioni cfr. G. CANDELORO, Storia dell'Italia moderna, voi. VI, Lo sviluppo del capitalismo e del movimento operaio, Milano, 1970, pp. 309-311.
W> Per i casi di Roma e Napoli mi permetto di rinviare a F. MAZZONIS, Per la Reli­gione e per la Patria. E. Cenni e i Conservatori Nazionali a Napoli e a Roma, Palermo, 1984, in particolare i capp. I e II, pp. 9-97; in generale, cfr. M. BELARDINELLI, Movimento cattolico e questione comunale dopo l'Unità, Roma, 1979.
2) Il più importante di questi segnali negativi è rappresentato dalla circolare della Sacra Congregazione del S. Uffizio del 30 luglio 1886, a firma del cardinale Monaco della Valletta che ribadiva solennemente che non expedit prohibitionem importai. Sullo sconforto suscitato tra i cattolici conservatori cfr. F. MAZZONIS, op. cit., p. 126.