Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO; MOVIMENTO CATTOLICO ITALIA 1887-1895
anno <1986>   pagina <38>
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Filippo Mazzonis
tradizionale ostilità e diffidenza con cui la stragrande maggioranza dei catto­lici conservatori e transigenti (cioè i più immediati e naturali interlocutori delle possibili trattative) avevano sempre considerato Crispi: a) atteggiamenti e sentimenti che alcuni segni distensivi, alcune vaghe promesse elettorali, e lo stesso timore della rivoluzione non bastavano a far accantonare.*7)
Ma assai più di questi elementi, che pure ebbero la loro importanza, ben più influirono, a mio avviso, i limiti intrinseci alla stessa proposta di Crispi per quanto riguardava la Chiesa. Limiti che risultano evidenti solo che di quella proposta si consideri la portata effettiva, così come veniva configurandosi nelle dichiarazioni e nelle iniziative di Crispi. E a quanto fin qui detto e riportato, per completare il quadro, sarà bene aggiungere le parole da lui pronunciate al Senato intervendo nel merito della già citata legge sul XX settembre (e l'occasione non tragga in inganno: si tratta di parole che ben riflettono il pensiero di Crispi in materia):
Io sono contrario ad ogni combattimento, e non voglio il concordato. Il concordato sarebbe il massimo degli errori pel Governo d'Italia, se mai il papato fosse pronto a stipularlo. I concordati si potevano stabilire con i Papi-re, ma non con i capi della religione, con i principi spirituali. Il Papa, come tutti i capi delle religioni praticate nel Regno, è sotto la tutela della legge italiana; esso è indipendente, esercita le sue funzioni senza ostacolo alcuno, [...] e nessuno potrà dire che [...] vi sieno state delle opposizioni da parte del Governo. Dirò di più, non solo noi siamo fedeli alla esecuzione della legge sulle guarentigie, ma, fin dove ci è stato possibile, abbiamo avuto col Vaticano relazioni tali, che ce ne vennero lodi. [...] In tale stato di cose, [...] qualunque sieno le ostilità continuamente praticate contro l'unità italiana, qualunque sia il linguaggio dei giornali cattolici, qualunque sia l'opposizione che dal Papa venga alle nostre istituzioni, [...] non [si] troverà un atto del mio governo che abbia risposto a queste provocazioni, ma abbiamo aspettato, come aspettiamo, dal tempo quel trionfo a cui miriamo: cioè la pace tra la Chiesa e lo Stato. E questa pace tra la Chiesa e lo Stato non può venire se non che dalla libertà esercitata largamente [...]. A questo mira il Governo italiano . 88)
In altre parole, tutto ciò che Crispi intendeva offrire alla Chiesa era, ancora una volta, un inserimento subalterno nell'unico intento di contribuire
e maggiore interesse proprio quei gruppi industriali ostili a Crispi, i quali, in quegli anni, presero a considerare i cattolici non più come un elemento estraneo o ostile, bensì come un oggettivo supporto del modello di industrializzazione avviato nel paese (M. G. Rossi, Le orìgini del partito cattolico. Movimento cattolico e lotta di classe nell'Italia liberale, Roma. 1977, p. 33).
*) Testimonianze di tale ostilità si possono trovare ad abundantiam nelle memorie di Paolo di Campello, uno dei capi del movimento cattolico conservatore (cfr. P. CAMPELLO DELLA SPINA, Ricordi di 50 anni, dal 1840 al 1890, Spoleto, 1910). Sui conservatori cattolici in questo periodo cfr. anche O. CONFESSORE, Conservatorismo politico e riformismo religioso. La Rassegna Nazionale dal 1898 al 1908, Bologna, 1971, in particolare pp. 11-80.
*7> La riprova si ebbe con i risultati delle elezioni amministrative a Roma di quello stesso 1895 che segnarono il ritorno in forze al potere dell'Unione Romana. Cfr. M. BELAR-
D1NEI.LI, Op. CÌL, pp. 99-100.
88) Dal discorso di Crispi in Senato nella tornata del 17 luglio 1895, in F. CRISPI, DP, voi. IH, PP- 838-840.