Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO; MOVIMENTO CATTOLICO ITALIA 1887-1895
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1986
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Crispi e i cattolici 41
della Chiesa cattolica. A loro giova asserire questo, per ribellare contro la patria le coscienze timorate. Ma il buon senso popolare resiste a codesti artifizi, perché tutti sanno, che il Cristianesimo, di sua natura divina, non ha bisogno del cannone per esistere. [...] Il Papa è soggetto solamente a Dio, e nessuna forza umana può giungere sino a lui. Circondato da tutti gli onori e da tutti i privilegi del trono, senza il fastidio della potestà civile, senza gli odii, senza i risentimenti, senza le pene che da codesta potestà derivano, esercita una sovrana autorità su coloro che hanno fede in lui; e si contano a milioni. Niun principe della terra lo somiglia e lo eguaglia; egli è singolare nella sua eccezionalità. Non ha un territorio al suo comando e, se lo avesse, sarebbe angusto ma ha tutto il mondo aggiogato al suo impero celeste, e dovrebbe esserne soddisfatto. Principe civile, sarebbe menomato di autorità, perché sarebbe uguale a tutti gli altri principi; e non potrebbe esserne il primo. [...] Sovrano indipendente, siccome Pabbiam noi costituito è superiore a tutti, ed è questa la sua potenza. Egli esercita le sue funzioni per virtù propria, corrisponde con tutto il mondo, prega, s'impone alle coscienze, protegge e non ha bisogno d'esser protetto, perché il territorio italiano gli serve da scudo. [,..] Tutto ciò è opera nostra, opera del Parlamento e del Re, e dobbiamo esserne orgogliosi. Direi anche di più: fu il compimento della volontà di Dio [...]. Ora chi oserebbe imporsi a Dio? Eppure non mancano gli audaci, i quali contravvenendo alla legge eterna, si oppongono al Signore; e dobbiamo dirlo con vero rammarico, essi son coloro che si dicono suoi ministri. Ma essi non prevarranno, perché l'Italia è assai forte e sicura di sé per non temere i conati della ribellione. Non prevarranno e forse rinsaviranno. [...] I ministri del culto sanno, o dovrebbero sapere, che predicando la ribellione alle leggi, l'opera loro gioverebbe agli anarchici, i quali rinnegano Dio e il Re. Né tale opera potrebbe andare impunita.94)
Jemolo ha esaltato del discorso soprattutto le grandi qualità letterarie;95) pur non dissentendo dall'illustre studioso, io preferisco vedere in quest'ultimo esemplare della grande oratoria crispina un tentativo un po' patetico, come ho già detto, un po' maldestro e perfino un po' troppo scoperto96) di rilanciare, da posizioni che Crispi riteneva di forza (il Gianicolo di Garibaldi), il dialogo con la Chiesa e quindi l'apertura ai cattolici. Comunque lo si consideri e qualunque fosse l'intento, il discorso non gli servì a molto, anzi per nulla. Venti giorni dopo, veniva resa nota una lettera di Leone XIII al cardinale Rampolla, dettata proprio dall'intenzione di protestare contro le manifestazioni per il XXV anniversario di Porta Pia: il Papa coglieva l'occasione per ribadire la legittimità del potere temporale e per
*> In F. CRISPI, Ultimi scritti cit., pp. 220-224.
95) cfr. A. C. JEMOLO, Chiesa e Stato cit., pp. 277-278. Per Scoppola si trattò invece di un discorso relativamente moderato ma anticoneiliatorista (P. SCOPPOLA, Chiesa e Stato cit., p. 283).
96) Per rendersene conto basta rileggere il passaggio ove Crispi, quasi di sfuggita, fa un ambiguo accenno a possibili concessioni territoriali (sia pure anguste), ovvero l'altro ove egli insiste sui pericoli che al mantenimento di un sano ordine politico e sociale vengono da posizioni intransigentemente clericali, ecc.; il florilegio dei passi da richiamare sarebbe lungo (quasi, quanto il discorso stesso).