Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
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1986
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Libri e periodici
ad una problematica storica e ad eventi assai poco noti o poco studiati. Erano problemi ed avvenimenti rilevanti non soltanto per la storia dei popoli jugoslavi, ma anche per lo stesso Risorgimento e per la vita del Regno postunitario, come infine per la storia generale di tutto il continente.
Ora quell'operazione culturale dai profondi risvolti e dalle interessanti proiezioni di arricchimento viene ripetuta con la biografìa di un altro personaggio di frontiera, il veneziano Marco Antonio Canini, che aveva già attirato l'interesse di grandi storici come Maturi e Torga. In questo caso è un italiano che si affaccia sul mondo balcanico (e non viceversa) o forse si dovrebbe dire che si immedesima nelle questioni nazionali e talora socio-politiche delle popolazioni al di là dell'Adriatico e dello Jonio. Canini non solo trascorre in quelle terre moltissimi anni ma studia punto di onore approfonditamente la cultura, la lingua, la letteratura, la storia e la politica. Si inserisce poi nelle vicende interne di quei paesi, dalla Grecia {prima meta del suo esilio dopo il 1848-49) alla Romania, alla Serbia e alla stessa Turchia, non senza tralasciare, con un interesse appena minore, l'Albania, la Bulgaria e l'Ungheria. Per raggiungere così importanti mete Canini aveva gli strumenti adatti: in primo luogo un'intelligenza vivace che gli consentiva di essere glottologo, poeta, storico della letteratura, pubblicista e scrittore (di non scarso peso le sue memorie, Vingt ans d'exil, apparse nella prima edizione a Parigi nel 1868) e nello stesso momento uomo d'azione, organizzatore spesso itinerante. Possedeva inoltre una buona e varia cultura, nonostante non avesse terminato gli studi universitari, soprattutto per ragioni politiche, e una particolare propensione all'apprendimento delle lingue.
Guida, segnandone i connotati e rilevandone l'importanza, studia i maggiori problemi con i quali si imbattè Canini nella penisola balcanica prima nei rapporti con i patrioti, spesso esuli, e poi con i responsabili politici di quegli Stati. L'A. fa notare immediatamente e giustamente insiste sulla difficoltà di conciliare le contrastanti aspirazioni nazionali dei popoli soggetti alla Turchia o inclusi nei domini asburgici. Per Canini la difficoltà è pratica e concreta nelle fasi in cui egli opera per far accordare i patrioti delle diverse contrade balcaniche in uno sforzo comune contro le cornici sovrannazionali e il dominio straniero. La difficoltà è anche concettuale, rilevata l'impossibilità di applicare senza riserve e in maniera lineare il principio di nazionalità in un'area geografica dall'impressionante complessione etnica e dalla notevole diversità nella maturazione civile ed economica.
Cercando di abbattere o aggirare questo fondamentale ostacolo, Canini coinvolse o collaborò con uomini come Garibaldi, Kossuth, Klapka e inutilmente cercò di convincere vari GaraSanin, Rosetti, Kogalniceanu. L'idea, cui fu fedele per decenni (con gli opportuni adeguamenti cronologici), era quella di legare i popoli in una Confederazione damibiano-balbanica, slavo-ellenica o più modestamente greco-albanese. A cavallo degli anni Settanta e Ottanta pensò pedino a una Lega greco-latina (da Lisbona a Bucarest), creata per impedire l'affermazione di una egemonia pangermanica o panslava. È uh progetto, del quale Guida nota i motivi interessanti e le interpretazioni in chiave antitriplicista e francofila, ma del quale non è possibile tacere la caducità e l'utopismo sostanziale.
Altro grande problema contro cui andò a cozzare la tenacia dell'agitatore veneziano fu la difficoltà di coniugare interessi italiani e balcanici sia prima, sia dopo il raggiungimento dell'Unità, con particolare accentuazione nella seconda fase. Come fare accettare all'opinione pubblica greca la cosiddetta operazione Amedeo, cioè i propositi di Vittorio Emanuele di porre sul trono di Atene il figlio, sbalzandone il traballante Ottone di Baviera?
E, circa venti anni più tardi, come convincere viceversa i responsabili della politica italiana (Cairoli, Depretis) ad intervenire a favore della Grecia nei ricorrenti scontri con la Turchia? Canini e Guida lo dimostra, forte di un corredo documentario di primo ordine - non era tuttavia uomo da arrenderei al primo tentativo, bensì disposto anche a condurre battaglie solitarie, E se nel 1862-63, in Grecia, operò fino al momento in cui salì sul trono U danese Giorgio di Coburgo, re degli Elleni, nel 1880-81 insistette invano nel tentativo di organizzare una spedizione di volontari che sollecitasse (più che aiutasse)