Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1986>   pagina <66>
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66 Libri e periodici
Spaventa rischia di abbandonarsi ad esercitazioni di parte, intelligenti quanto si voglia, ma prive, in realtà, di riscontri oggettivi. Basti un solo esempio: L'alfiere del recupero di Bertrando Spaventa alle origini del marxismo italiano, e dell'estromissione di Croce, fu uno dei dirigenti comunisti più compromessi con lo stalinismo, Giuseppe Berti, in un lungo saggio (Bertrando Spaventa, Antonio Labriola e l'hegelismo napoletano) pubblicato da Società (1954, pp. 406 sgg., 583 sgg., 784 sgg.), in cui Spaventa veniva presentato come un Diamatiker, e la critica a lui rivolta da Croce veniva spiegata come reazione al Diamat spaventano! (G. BEDESCHI, Il marxismo, in AA.VV., La filosofia italiana dal dopoguerra ad oggi, Bari, Laterza, 1985, p. 185 n.).
Ben altra, per ampiezza di ricerca e novità di risultati, l'indagine del Di Attilio, che delle tre tesi enucleate in Bertrando: 1) unità di filosofia e rivoluzione; 2) continuità tra tradizione rinascimentale e Risorgimento; 5) la nazionalità come fondamento di una nuova eticità dello Stato (cfr. p. 68) privilegia in un certo senso quest'ultima, in quanto essa attiene al tentativo di elaborare una riforma del pensiero politico di Hegel, nel senso di tua rifiuto di quella totalità del politico che prelude allo Stato etico. Per Spaventa si può parlare semmai di Stato eticizzante, quale in embrione appare nei sette articoli sulla nazionalità, pubblicati e commentati da Benedetto Croce (ivi, p. 73).
E se Croce sminuì, in realtà, la portata politica degli Spaventa, scrivendo, di Silvio, che non trattò mai di filosofia nel senso tecnico o specifico che si dica, e non scrisse nessuna teoria speculativa e nessun concetto politico dello Stato, pago di esprimere i suoi ideali statali e politici ; e, di Bertrando, che teorizzò, sì, un concetto speculativo dello Stato, ma che ciò fece senza particolare esperienza e intelligenza in materia, estraendo e compendiando la filosofia del diritto dello Htegel (ivi, p. 31 n.), Giuseppe Capograssi, invece, propose a modello della meditazione sulla filosofia giuridica di Hegel proprio Bertrando: seguitare Bertrando Spaventa, che la ripensò liberamente e profondamente tutta quanta [...] Lo spirito etico è inquietudine, lotta, passaggio, farsi continuo. B. Spaventa l'elaborò a fondo con libertà piena e rispettosa: nei suoi studi sull'etica di Hegel noi abbiamo il miglior commento e la miglior critica di quell'etica (cfr. ivi, p. 177 n.).
Ma Croce vide bene quando ravvisò negli articoli del Nazionale documenti impor­tanti per la storia del liberalismo meridionale nel Quarantotto, nell'atto che si convertiva in liberalismo italiano e unitario ; non meno bene il Di Attilio, quando vi scorge il collegamento ideale più valido del meridione con la Torino di Gioberti (e di Rosmini) (ivi, p. 38). Solo questo collegamento può spiegare le proporzioni assunte dal pensiero politico sia di Bertrando che di Silvio, ai quali non può essere sottratto il merito di aver concepito e posto in nuovi termini il problema del Risorgimento come problema del rapporto tra libertà nazionale e unità dello Stato (Ibidem).
In tale contesto acquista singolare rilievo quella biografia spirituale della Nazione, quale è la Prolusione di Modena (25 novembre 1859), l'epilogo degli studi giovanili di Montecassino, di Napoli e dell'esilio torinese, e insieme l'esordio dell'insegnamento univer­sitario, che, proseguito a Bologna alla cattedra di storia della filosofia, si concluderà a Napoli , ove per ventitré anni come disse Luigi Russo fu eroe della filosofia (Ivi, p. 55).
Ad integrazione e approfondimento di quanto finora è stato scritto (cfr. E. GARIN, Filosofia e politica in Bertrando Spaventa, con l'inedita prolusione (4 gennaio 1860) di Spaventa al corso modenese di Filosofia del diritto, a cura di Giuseppe Tognon, Napoli, Bibliopolis, 1983, p. 85), la vera Prolusione di Modena (fuori dal gioco ambiguo di prolusione, prelezione speciale, lezione proemiale) è, e resta, davvero uno dei primi meditati Baggi di filosofìa politica e di Dottrina dello Stato della nuova Italia, che significativamente chiude la storia ducale delle nostre città e solennemente inaugura l'epoca nuova della libertà e della nazionalità dei popoli (ivi, p. 54).
Degnamente chiude questo denso lavoro l'appendice contenente il Discorso di Cormenin su L'indipendenza italiana, tradotto da G. Massari nel febbraio, e da F. Longhena nel maggio 1848: discorso che vibra sinceramente di sentimento nazionale italiano, legan­dosi, nella sostanza, allo spirito patriottico proprio anche dei fratelli Spaventa, ideologi