Rassegna storica del Risorgimento

CIRILLO; EUROPA ORIENTALE IDEA NAZIONALE SEC. XIX; METODIO
anno <1986>   pagina <146>
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Gaetano Cobianchi
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un articolo che sulla politica carlalbertina ha pubblicato il Siede; anzi, concorda addirittura che sulla politica del Piemonte venga commissionato un opuscolo o brochure al Mailleface (un giornalista che poi, a rivoluzione avvenuta, il Lamartine destinerà console di Francia a Barcellona). E' d'ac­cordo che si tratti anche dì un onorario o pensione al giornalista, e piacciono gli articoli del Secolo . Senonché il 16 febbraio anche il Piemonte si decide per la costituzione e; verosimilmente, poiché ciò fa venir meno i progetti di semicostituzione consultiva e aristocratica, che in ambienti come quelli del Latour e del Pralormo si meditavano, rende quindi inutile la preparazione iniziata dal Cobianchi: gli avvenimenti che incalzano in Pie­monte lo ponevano in una situazione del tutto falsa. A tal riguardo però come ci siamo rassegnati noi può rassegnarsi anche lui. Ad ogni modo, d'ora innanzi, conforme alla costituzione, indirizzerà le sue lettere ai ministri. Ciò non toglie che, ministro al campo il Castagnetto, a lui e quindi al re andassero le più gelose delle notizie e si rivolgessero le più insistenti solle­citazioni.
Nella sua prefazione Narciso Nada dice giustamente che, da questa corrispondenza esce più che mai l'ideale dell'Italia farà da sé, la gelosia per gl'interventi stranieri, la preoccupazione di salvare, accanto alla Francia in rivoluzione, il vecchio dominio sabaudo. Ma forse v'è qualche cosa di più: c'è il senso del perìcolo, cioè dei due pericoli tra i qual iil re e l'esercito ma non solo loro si trovano stretti.
Il primo è certamente quello di venir soverchiato da un moto repub­blicano, o repubblicano-democratico, o repubblicano-socialista, che aspira, come a cancellare tutte le altre frontiere di Vienna, così anche a cancellare, prima di ogni impegno o contropartita che prenderebbe (perché poi?) con il sovrano, anche l'innaturale confine che toglie alla Francia Nizza e la Savoia, in cui è, in quel momento, una parte così importante della forza dei re. La diffidenza per l'intervento francese si estende ai corpi volontari ; ma più di tutto il Cobianchi dà l'impressione di temere i corpi misti, di volontari italiani e francesi, che toglierebbero al re ogni iniziativa, con imprese che è facile provocare; lo stesso affare dei voraces contro la Savoia gli sembra rientri in uno schema come questo: i proletari parigini o lionesi senza lavoro, con la minaccia di rinviare a casa loro gli stranieri, ne sollecitano le iniziative contro le frontiere del regno sardo; quando, alla destra dello schieramento piemontese del quadrilatero, il debole schermo dei volontari pontifici e le reliquie di quello napoletano sono travolte, il Cobianchi accenna al pericolo di un intervento francese in quella regione: una specie di presa di pegno, analoga a quella che era stata, nel 1832, l'occupazione di Ancona. Persuaso com'è che, ben difficilmente, a meno di trovare un uomo straordinario, la situazione di disordine (e di crisi e bancarotta economica) del regime repubblicano potrà continuare, il Cobianchi esprime sulla situa­zione interna, e anche sui rapporti francosardi, il più grande pessimismo. Nondimeno ci sono due caratteri che distinguono questa corrispondenza da quella di un osservatore volgare o di un agente diplomatico. Primo: nei consigli pratici un gran realismo, la disposizione a resistere si, ma accomo­dandosi ai vari temperamenti; secondo, un acceso amor patriottico, che a volte gli fa desiderare tutto il contrario di ciò che, quale testimone della rivoluzione, detesta.