Rassegna storica del Risorgimento
GHISALBERTI ALBERTO M.
anno
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1986
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pagina
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426
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426
Massimo Pallottino
Ma le remote ore delle lezioni ghisalbertiane dovevano aver scavato profondamente, come acque segrete, nel mio subcosciente, sotto i tecnicismi professionali derivati dalla formazione universitaria, fino a riamorare sempre più impetuosamente con gli anni nel bisogno di guardare oltre l'archeologia, disciplina ausiliare e strumentale non meno della filologia o della linguistica, per tendere, in ultima e sola e vera istanza, alla storia.
Se la sostanza e la maniera didattiche di Ghisalberti potessero miracolosamente risuscitarsi e generalizzarsi non vi sarebbe una crisi della scuola media superiore, né sorgerebbe, se non per pura malafede, il desiderio di impasticciarla ulteriormente con riforme come quelle di cui da tanti anni si vaneggia in nome di una modernità sociale che in realtà maschera semplicismo e incultura. Per quel che io ricordo l'esposizione della materia storica era da lui sentita come un prolungamento dei suoi studi e delle sue meditazioni, e si svolgeva perciò con grande ricchezza d'idee e insieme con estrema naturalezza e semplicità, senza la preoccupazione di adattarsi ad un uditorio giovanissimo quale era il nostro, cioè con quella viva capacità di divulgazione che è propria solo dei grandi studiosi e dei grandi maestri. Nozioni e ragioni del divenire storico si fondevano in un unico discorso, senza privilegio delle une sulle altre: avvenimenti e concetti, sostenuti reciprocamente, s'imprimevano facilmente nella nostra memoria. Si aggiunga che il parlare vivo e chiaro, pieno di immagini concrete, rendeva estremamente piacevole ascoltare e imparare. Vorrei infine rilevare che tutto questo è tornato a riapparire, come un inconfondibile segno di stile, ogni qua! volta io ho avuto la fortuna di assistere in anni successivi all'incontro di Ghisalberti con il pubblico in conferenze e, tra l'altro e in modo particolarissimo, nelle sue ammirevoli lezioni all'Università per Stranieri di Perugia.
Le qualità umane erano in lui parte essenziale della missione di docente. Molto più tardi avrei avuto occasione di apprezzare la sua serietà e profonda onestà intellettuale, l'austerità nordica , il senso del dovere e l'amore del giusto spinti fino all'estremo quali emersero soprattutto dalla sua nobile e tormentata figura di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia nel periodo della contestazione universitaria ; e in pari tempo la sua costante disponibilità, la sua gentilezza, la generosità, il cameratismo. Tutto questo si estrinsecava allora, al Liceo, nell'entusiasmo di un giovane tra i giovani e per i giovani, nel sentirsi vicino quasi compagno ai suoi scolari, ma con una capacità di imporre a tutti senza sforzo una guida e una disciplina che certamente gli derivava dal lungo esercizio del comando in trincea.
Il colloquio con gli allievi si allargava fuori dell'aula in quel potente richiamo educativo, oltre che ricreativo, che e lo sport. A lui si deve, se non erro, Io sviluppo di un'associazione sportiva del Nazareno . Ma quel che bene ricordo è la sua frequente iniziativa di condurci a gite, camminate e ascensioni! intese ad integrare fisicamente l'esercizio dello studio e, dove e quando possibile, arricchire l'insegnamento con la visione diretta di luoghi e paesaggi: indizio anche questo di avanguardia didattica. Personalmente conservo una mitica impressione di due di quegli episodi: una salita sui 1400 metri dell'erziico Monte Scalambra sotto una pioggia continua e irriducibile che ci portò ad inventare la pseudoetimologia di Mons Scalae Imbris; una bellissima escursione di sfolgorante primavera a Priverno (allora ancora Piperno) e all'Abbazia di Fossanova, anche con l'altro nostro simpaticissimo professore (e carissimo futuro collega) Alberto Pincherle: al ricordo di