Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO
anno <1986>   pagina <438>
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Emilia Morelli
e di storia dell'Ottocento? Costretti a ricerche per preparare una relazione, continuavano poi, con la certezza che l'Istituto avrebbe dato loro spazio per la pubblicazione, non facile nei loro paesi d'origine. Ho già detto dei primi francesi, ma non posso non citare altri nomi che ampliarono allora il raggio d'azione dell'Istituto verso la Gran Bretagna (Blakiston, Bury, Beales, Hear-der), verso i paesi germanici (Wandruszka, Blaas), ancora in Francia (Gode-chot, Girard, Guiral, Contamino, Baumont, Dethan).
Come trovare parole per descrivere la gioia di Ghisalberti quando Howard R. Marraro gli propose di fondare un Comitato a New York? E ancora di più quando la pattuglia fedelissima dei belgi, Aubert, Van Nuffel e Simon, riuscì a pubblicare a Bruxelles una rivista Risorgimento? Chi ha ascoltato i Suoi discorsi sa che non perdeva occasione per ricordarlo. E così quando si creò un gruppo a Parigi e uno in Germania. Era riuscito a costi­tuire Comitati anche a Montevideo e a Rosario durante un viaggio in Sud America. Ci era andato per la Dante Alighieri ma non aveva dimenticato l'Istituto. Torno a ripetere che l'adesione dei non italiani fu possibile per le Sue doti di simpatia che assai difficilmente permettevano all'interlocutore di dire di no, ma anche perché poteva offrire in cambio la pubblicazione dei lavori.
Egli fece del Vittoriano quasi un passaggio obbligato per i giovani borsisti stranieri. Li aiutava nei loro primi passi, li presentava a colleghi, a direttori di Archivi e di Biblioteche. Ora questi giovani sono illustri docenti in Europa e in America, ma ricordano ancora con affetto e riconoscenza l'aiuto che hanno avuto con semplicità e competenza, quasi fosse compito Suo aiutarli come aveva sempre aiutato i Suoi allievi. Con loro, come con questi, il rapporto diveniva subito cordiale, familiare, direi affettuoso, senza distacco, senza boria, senza un discorso che fosse solo rigidamente scientifico. È forse anche per questo che chi entrava in rapporto con Lui, all'inizio ne era incredulo e anche sgomento per la novità, ma poi si lasciava andare a sentimenti autentici di devozione e di gratitudine.
Quella simpatia che gli aleggiava attorno come oratore. La Sua parola vi ho già accennato era veramente un'arte che metteva al servizio dell'Istituto. Non credo di essere indiscreta se rivelo un episodio. Nel 1952, presente Einaudi, Ghisalberti commemorò ufficialmente i martiri di Belfiore sul luogo dell'esecuzione e dopo di Lui parlò l'allora presidente del Consiglio, Segni. Ebbene, nel 1959, in Palazzo Vecchio a Firenze, nel centenario del 27 Aprile, i due oratori erano gli stessi. Segni disse a Ghisalberti: Ancora una volta devo parlare dopo di Lei! . Perché, effettivamente, nel 1952 chi gli aveva preparato il discorso non era stato molto perspicuo.
Proiezione dell'Istituto verso l'esterno. Ma al suo interno? Ho già detto che fin dai primi tempi del commissariato De Sanctis si era prospettata una riforma dello Statuto che desse un peso maggiore ai Comitati e a tutta l'organizzazione periferica, non solo, ma chiamasse nel consiglio di Presi­denza i più qualificati esponenti degli studi di storia del Risorgimento. Si sarebbero sottolineate, così, le due componenti dalle quali era nato l'Istituto: la Società, ad iniziativa privata, e il Comitato di nomina gover­nativa.
Subito, appena presidente, Ghisalberti chiama a far parte della Giunta,