Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO
anno <1986>   pagina <440>
immagine non disponibile

440
Emilia Morelli
Galasso, Tamborra; nel 1971 sarà la volta dei vincitori dell'ultimo concorso, Della Peruta, Talamo, Zaghi (quest'ultimo decadde tacitamente perché non rispose mai alle convocazioni).
A questo punto avviene la moltiplicazione delle cattedre universitarie. Il Consiglio di Presidenza sarebbe divenuto un'assemblea i cui componenti troppo spesso non avrebbero avuto nessun reale interesse per la materia che circostanze fortuite li avevano portati ad insegnare. Oggi, infatti, molti titolari non sono neppure soci dell'Istituto e non partecipano ai congressi.
Si imponeva, perciò, una nuova modifica dello Statuto che, discussa nel 1973, fu approvata nel 1974. I membri del Consiglio di Presidenza erano fissati in 18 e, cioè, oltre i 5 rappresentanti dei Comitati, i 9 più anziani vincitori di concorso e 4 scelti fra i docenti di Storia del Risorgimento o di discipline afimi o a tre studiosi di sicura fama . Non muta nulla; i nomi restano gli stessi.
Si è parlato in questi ultimi tempi di riforma degli Istituti storici e, sotto sotto, l'idea era di sopprimere il nostro: credo che la struttura demo­cratica e decentrata che Ghisalberti ha voluto mantenere resisterà, perché non sarà facile mettere a tacere i Comitati provinciali e i gruppi esteri, com­preso il più. recente, quello giapponese. L'offensiva contro il Risorgimento è in atto oggi, come lo era quando Ghisalberti ha iniziato la sua opera di rico­struzione. Seguendo il Suo esempio sapremo lottare su tutti i fronti.
Ve ne è uno, però, che resta al di sopra delle odierne possibilità finanzia­rie dell'Istituto*, la definitiva e stabile apertura delle sale di esposizione del Museo Centrale del Risorgimento, auspicata fin dal 1906 come compito del Comitato nazionale.
Nel 1911 i locali del Vittoriano avevano ospitato la Mostra storica nel quadro delle celebrazioni del cinquantenario dell'Unità. Nel 1949, come ho già detto, la Mostra della Repubblica Romana. Tra queste due date, Ghisal­berti non ha mai dimenticato il Museo. L'archivio si è andato ingrandendo con l'apporto di donazioni che il Presidente sapeva attrarre infondendo simpatia e sicurezza negli eredi degli uomini del Risorgimento. Caso emble­matico quello dei colloqui-sondaggio della marchesa Damele di Bagno che cercava di collocare le carte Mancini. Per fortuna il Genio Civile, che allora gestiva il Vittoriano, ci ha costruito le splendide scaffalature e gli schedari che sono il nostro orgoglio. Questa parte del Museo era ed è al sicuro. Ma le sale espositive? Anche qui, a piccoli passi, sempre con l'aiuto compren­sivo dell'ing. Giuntimi, si costruirono vetrine da porre accanto a quelle del 1911. Quasi ad indicare il calo dei fondi, le prime sono in bronzo, le seconde in legno rivestito di bronzo, le terze in legno. Ma di apertura nessuna speranza. Assumendo la presidenza, Ghisalberti indicava come assolvimento di un debito nazionale, la creazione di quel Museo Centrale del Risorgimento, che, fin dal lontano 1906, attende di aprirsi in Roma, nell'Altare della Patria. Era il Suo chiodo fisso. L'aiuto di amici come il Ministro Erminì e l'on. Ba-dini Confalonieri fecero intrawedere qualche spiraglio. Il problema quasi insolubile, ieri come oggi, era quello dei custodi. Ghisalberti riuscì a vedere finalmente animate le sale quando, con i fondi delle celebrazioni del Cente­nario della presa di Roma, Il portone di bronzo di Via San Pietro in Carcere girò sui cardini. La mattina del primo giorno di apertura, dopo la solenne