Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO
anno <1986>   pagina <442>
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GHISALBERTI, LA RICOSTRUZIONE DELL'ISTITUTO, I CONGRESSI
La costante lezione dello storico Ghisalberti è stata anzitutto una lezione d'umanità. Ciò è talmente ovvio che a prima vista non sembra valga la pena di soffermarcisì. Essa era fatta di indulgenza, di comprensione, di disponi­bilità a ascoltare e accogliere, nella fraternità degli studi, le esperienze più diverse. Il mio contributo a questo collettivo ricordo di lui non ha del resto scelto come tema proprio nessim aspetto particolare dell'opera sua; non può essere perciò che una serie di variazioni su questo fondamentale motivo. Ma attraverso quali esperienze personali mi è accaduto, man mano, di approfondirlo?
Inizialmente, al di là della simpatia istintiva e del rispetto per la sua alta persona, per il suo passato di valoroso, per la sua squisita cortesia, mi mancava ancora verso di lui la considerazione che si prova per i grandi. Certo, sapevo del suo passato di guerra, che lo aveva condotto a battersi sulle pietraie insanguinate del Carso, e poi sugli altipiani, impegnato in quegli obbligatori sterili contrattacchi da giustificare al superiore comando con il numero delle perdite; quindi al servizio delle mitragliatrici, arma nuo­va e, per gli ardimentósi che la servirono, più rischiosa che la stessa guerra di trincea. Fino alla promozione a capitano alla conclusione della guerra.
Attraverso quelle prove mantenne sempre uno spirito aperto. Oblioso per esempio di passati contrasti, professava non solo rispetto per i neutralisti che pagavano di persona, ma ammirazione per quanti, fossero pur figli di deputati parolai, rifiutavano di imboscarsi. E, accanto all'uomo equanime c'era anche uno spirito goliardico* che gli faceva, per es. con l'amico Zorzi, comporre versi scherzosi, senza dimenticare gli studi e i classici, di cui era sempre piena, in numero crescente, la sua cassetta d'ordinanza.
Airinfuori di questo suo atteggiamento, che non mi era noto nei parti­colari, c'era anche, a facilitare la comprensione da chi gli era stato avver­sario, il fatto che la qualifica di combattente, guadagnata lealmente, fu per qualche tempo, pur nei contrasti politici, un cemento unitario.
Valorosi combattenti erano stati i maestri della generazione che fece la storia dei tentativi di riscossa antifascista in Italia, in Spagna, all'estero e poi nella Resistenza, i maestri della mia generazione: i Parri, i Lussu, i Rosselli, gli Ernesto Rossi e i Lionello Venturi, mutilati e grandi invalidi, gli Zaniboni e poi via via i Calosso, i Dorso e gli altri minori. Sebbene ignari allora di parentele spirituali, questa comune matrice li avrebbe fatti incontrare un giorno. La concordia si ricompose poco a poco nel più recente periodo in cui Mussolini impazzava, specie dopo la guerra alla Francia scon­fitta e l'accettazione del razzismo hitleriano.
Sarebbe stato possibile, già prima del 25 luglio, rendersene conto,