Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; GUERRA MONDIALE 1914-1918; STORIOGRAFIA
anno <1986>   pagina <451>
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L'ultima guerra del Risorgimento
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l'obiettivo della sua guerra ; era più lontano anche da Trieste, annidata nell'ampio golfo di mare, che inizia a Monfalcone. Da un luogo, che non riesco a precisare, perché la mia carta non mi aiuta a ritrovare la località, che nella sua corrispondeva a Leskowka, forse sulle pendici del Matajur, un monte, che domina l'orizzonte della pianura friulana, aveva visto il mare di Trieste, ma non la città, perché, scrive, la copriva il maledetto Mrzli . L'obiettivo della sua guerra non era circoscritto alla città e allo splendido golfo. Era più lontano, perché apparteneva ad una dimensione, che superava la materialità della topografia e si proiettava in una liberazione totale anche dell'avversario, che aveva di fronte? Il gesto, melodrammatico, se si vuole, dell'abbraccio con lo storico austriaco Friedrich Engel Janosi, davanti al cippo del S. Michele, sull'orizzonte carsico, che era stato comune,6) voleva, io credo, significare proprio questo: il ritrovarsi i due avversari, cinquant'anni dopo il 4 novembre, in una temperie spirituale, che superava di gran lunga la contesa dimensione topografica, quella delle carducciane ultime idee superstiti - giustizia e libertà .
Trieste e Trento avevano rappresentato, in quegli anni, l'obiettivo concreto di una lotta disumana e sanguinosa. Una generazione era partita per conquistarle e riunirle alla Patria e completare, così, la sua unità territoriale. Più aspra e arcigna, tra i suoi monti, Trento; affacciata sul mare la fedele di Roma , per tornare al Carducci del Saluto italico , ma talmente unite, nell'immaginazione di chi ne pronunciava il nome, da indurre molti a credere a una loro contiguità territoriale. Obiettivi geografici facili a capirsi? Forse erano i soli scopi di guerra, che i soldati potessero perce­pire, anche se, poi, li traducevano concretamente in nuove terre da semi­nare, "fi Ma erano pur sempre terre italiane da liberare e anche questo era un facile motivo di propaganda di massa, o tale, almeno, si riteneva che fosse. Creazioni mitiche , come le chiamò Curzio Malaparte,8) che forse non riuscivano a commuovere troppo i soldati contadini giunti sui monti, che circondano Caporetto, o sulle pietraie del Carso, 9> miti, però, che la gran
5) Ho visto ora il Golfo di Trieste e la costa dell'Istria. Dall'alto di Leskowka col binocolo ho guardato a lungo l'Amarissimo e la spiaggia sacra. Un po' di nebbia li velava, ma non così che i miei occhi e il mio cuore non li riconoscessero. Fu un momento di straordinaria commozione: tutti monti della nostra passione e della nostra gloria mi erano innanzi: lontano, argenteo. l'Adriatico e le città della riva istriana. [...] Non potei vedere la città dei nostri sogni, la fedele di Roma, perché il maledetto Mrzli la nascondeva {Lettera al padre, s.d, [una settimana dopo la Pasqua del 1916], in Ricordi, cit., p. 166).
6) A. M. GHISALBERTJ, Ricordi, cit., p. 149.
7) Scrive Adolfo Omodeo che l'affrancamento di Trento e Trieste il contadino rinterpretava come conquista di terre e i contadini della grassa Romagna strabiliavano nel vedere la magra rossiccia fanghiglia carsica e domandavano agli ufficiali se valeva la pena di scatenare quell'ira di Dio per conquistare quella "terra da pipe" (A. OMODEO, Momenti della vita di guerra. Dai diari e dalle lettere del caduti. 1915-1918, Torino. 1968, p. 263). Ved. anche P. MELOGRANI, Storia politica della grande guerra, Bari, 1977, p. 92.
8) c. MALAPARTE, La rivolta del santi maledetti, ora in L'Europa vivente e altri saggi politici. (1921-1931), Firenze, 1961, pp. 4849.
9) Ma nelta tradizione popolare delle nostre campagne (parlo almeno di quelle viter­besi, che conosco meglio) durò a lungo, tra guerra e dopoguerra, l'uso di dare ai figli iìl nome di Trento e alle figlie quello di Trieste.