Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M. DIARI; GUERRA MONDIALE 1939-1945
anno <1986>   pagina <475>
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Un diario inedito (1940-1941) 475
né a lui sembravano rilevanti per il destino del conflitto, legato sempre più alla resistenza inglese ed alle prospettive dell'intervento americano al quale credeva fermamente, malgrado i contrari avvisi di molti suoi amici vittime in questo della propaganda fascista tendente a demolire l'immagine degli Stati Uniti. Attento lettore, ed in quegli anni più che mai, del Calendario Atlante De Agostini, verificava ed annotava le statistiche sulla produzione, mineraria, agricola ed industriale, dei diversi paesi belligeranti e ne traeva il convincimento dell'enorme potenziale economico nordamericano che, ove si fosse sommato a quello, peraltro già forte, dell'Inghilterra, del suo vasto impero e dei suoi dominions, avrebbe superato di molte lunghezze quello tedesco e quello italiano tra loro uniti. E, peraltro, la scarsa efficienza bellica dell'esercito italiano, della quale gli davano anche notizie alcuni amici rife­rendogli quanto era accaduto sulle Alpi (Umberto Bosco gli aveva detto della assoluta impreparazione e delle perdite italiane durante la breve cam­pagna cui, richiamato come artigliere, aveva partecipato) o in Africa Setten­trionale (Mario Guatelli, colà residente, gli aveva parlato della non brillante situazione dì Tripoli, specie dopo la morte di Italo Balbo, e delle difficoltà di rifornimento per la Libia), lo confermava nel suo giudizio sull'andamento della guerra e sulle prospettive future di questa.
Ed alla guerra, dunque, dal 17 ottobre del 1940 dedicava uno specifico Diario, il cui inizio, peraltro, segnalava nella consueta agendina. La decisione di scriverlo l'aveva presa dopo un occasionale incontro con un vecchio collega e compagno della prima guerra mondiale che gli aveva detto, meravigliandolo profondamente, come l'Italia avrebbe vinto la guerra anche per la Germania, colpendo a morte l'Inghilterra in Egitto con una manovra strategica di marca napoleonica e sconfìggendola nel Mediterraneo, lungo la rotta impe­riale. Incontro seguito da una conversazione con qualcuno che, invece, gli aveva parlato della potenza tedesca e della conseguente certezza nella vittoria dell'Asse a breve termine: Io almeno non mi sono mai fatto illusioni in proposito. Se ho sbagliato nel ritenere che l'Italia non sarebbe entrata in guerra (l'ottimismo lo induceva a sopravalutare gli elementi razionali su quelli irrazionali all'inizio del conflitto) ho sempre ritenuto che nessuno avrebbe potuto fare previsioni sulla durata della guerra e sul suo esito finale . E ciò perché le vittorie continentali tedesche, dovute ad una eccel­lenza di organizzazione e di mezzi, a genialità di capi e a valore di gregari, non bastano per la vittoria. L'avversario vero è l'Inghilterra e contro questa la Germania è ancora impotente. L'impresa di Norvegia, perfetta di esecu­zione, le è costata la flotta, l'arma che Guglielmo II aveva sentito necessaria in una lotta contro gli Inglesi. E allora? I tedeschi non hanno conquistato sì (con la Norvegia) il loro Egitto, ma incappando in una fatale Aboukir? La lettura recente delle memorie di Coulaincourt mi suscita il confronto. E, forse, il bombardamento di Londra vale per restare nei ricordi napoleo­nici, l'incendio di Mosca.
Ma, a parte il riferimento, istintivo per uno storico, al 1798 ed al 1812, riferimento che solo qualche tempo dopo la progressiva dilatazione del conflitto, avrebbe potuto essere ancor più pertinente, la crescente resistenza inglese ai bombardamenti e l'idea della loro superiorità navale gli suggeriva ulteriori riflessioni: Errore tedesco il mancato attacco a Londra immedia­tamente dopo il collasso francese (l'errore che molti dicono essere inevitabile anche nelle perfette concezioni tedesche), o prova patente di impotenza?