Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M. DIARI; GUERRA MONDIALE 1939-1945
anno <1986>   pagina <477>
immagine non disponibile

Un diario inedito (1940-1941)
477
dopo la marcia trionfale attraverso la Francia, ma egli obiettava, dialogando con se stesso il 29 ottobre, il giorno successivo all'attacco mussoliniano alla Grecia: Occorre vincere la guerra, cioè mettere fuori uso la forza armata dell'avversario: e qui l'avversario reale è l'Inghilterra e la sua forza vera è la flotta. Sbarcare in Inghilterra e distruggere la flotta inglese: ecco il compito. Non è impossibile che lo si possa anche realizzare: ma non basta fare il conto delle divisioni corazzate. In acqua non ci vanno.... Ed altri, invece, esaltavano il ruolo decisivo dell'arma aerea dichiarandosi convinti che, presto o tardi, questa avrebbe fatto conseguire alla Germania la vittoria sull'Inghilterra imponendole la resa: non credo alla efficacia totale dell'aviazione. Insomma per realizzare le idee di Douhet ci vorrebbe una flotta aerea di diecine e diecine di migliaia di apparecchi, ma la Germania non li ha: altrimenti avrebbe conquistato l'Inghilterra tra giugno e luglio. E allora torno alla mia idea: quanto nella caduta francese è dovuto al fatto militare (tecnico-tattico strategico, si chiami come si vuole), e quanto al disfattismo interno, alle lotte personali, al rancore delle destre contro le sinistre, alle smanie di Lavai, alla ottuagenaria senilità di Pétain, al crollo del mito "Parigi", alla propaganda intenta a spargere il terrore con gli esempi polacchi, belgi e olandesi? Elementi non applicabili all'Inghilterra, paese dai nervi solidi e difeso dal mare, cioè da una flotta.
Ma l'attacco alla Grecia, vergognosa follia mussoliniana, dava un primo alleato all'Inghilterra isolata e braccata dopo la caduta della Francia, solle­vando in molti perplessità e dubbi di natura morale sul comportamento di quelli che il colonnello Stevens definiva alla radio inglese, i due gangsters: più che mai convinto dell'indecenza e della brutalità dell'aggressione così la commentava il 29 ottobre: È l'ordine nuovo, che si instaura, ma per ora mi sembra regni solo quella che sa chiama la legge della giungla. So che Federico Chabod è desolato, pessimista e sconsolato: ritiene che certi vecchi ideali non possano perire e siano destinati a tornare in vigore fra 20-3040 anni. Accidenti! Ma per ora, nulla da fare: coltivare la pianticella, ecc. Che fregatura per servirmi del linguaggio dell'era nuova... Se avessero davvero ragione la massa e i pessimisti, addio Storia del Risorgimento italiano... .
La resistenza greca, l'appoggio inglese al piccolo paese aggredito, l'uti­lizzazione da parte britannica delle basi insulari intorno all'Eliade, le notizie che riceveva dalle lettere di De Vecchi, governatore allora del Dodecanneso, e presidente dell'Istituto per la storia del Risorgimento, sulla situazione a Rodi e nel Mediterraneo orientale, gli davano il senso delle difficoltà cre­scenti incontrate dalla guerra mussoliniana e della fine definitiva del mito nazista della guerra lampo, di quel Blitzkrieg che solo avrebbe potuto per­mettere alla Germania la vittoria nel conflitto, vittoria alla quale, peraltro, non aveva mai creduto. Dominato, com'era, dall'idea della impossibilità assoluta per l'Asse di colpire a morte l'Inghilterra nella madrepatria, nelle vie di comunicazioni mediterranee ed oceaniche (non credeva alla guerra sottomarina anche per l'esperienza fattane nel 1914-18) e nei gangli vitali dell'Impero (il sistema Malta-Haifa-Cipro-Suez si rafforza scriveva il 5 novembre e il Mediterraneo viene tagliato in due), e convinto che la guerra d'attrito scelta dagli inglesi col blocco navale intorno all'Europa (oggi la chiameremmo manifestazione di una strategia periferica) avrebbe di fatto indebolito progressivamente la Germania, mantenendo invulnerabile