Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.
anno <1986>   pagina <494>
immagine non disponibile

494 Fausto Fonzi
fra giovani studiosi con la formazione di un gruppo di ricerca interessato allo stesso oggetto o a temi contigui, cosicché scaturivano scambi d'infor­mazione e di idee, nonché ipotesi interpretative e discussioni, che andavano ben oltre l'occasione commemorativa.
Quali caratteri aveva dunque l'insegnamento postuniversitario di chi aveva formato intorno a sé questo gruppo? Raccontando lo stupore di Cesare De Lollis, che nel suo Abruzzo si era sentito definire, egli illustre studioso e cattedratico, come semplice mast'e scola, Ghisalberti ripeteva con fierezza di essere stato per quasi tutta la sua vita un mast'e scola , cioè dominato dalla passione pedagogica e didattica. E fu vero maestro di ricercatori e di insegnanti.
Si insegna a ricercare : così egli affermava riguardo al normale compito di un docente; ancor più ciò valeva, naturalmente, per la forma­zione di laureati, e particolarmente di futuri professori universitari. Circa il suo modo di ricercare e d'insegnare ai ricercatori va detto subito ch'egli spesso ricordava con affetto e riconoscenza il suo professore di Storia del Risorgimento, Michele Rosi, educatosi alla scuola pisana del D'Ancona e del Crivellucci , e va notato che queste radici positivistiche della sua for­mazione si possono riconoscere, con maggiore o minore intensità, in tutta la sua attività scientifica e nel suo insegnamento.
Per certi aspetti poteva quindi apparire come un ritardatario in epoca nella quale gran parte della storiografia italiana era ispirata da forti moti­vazioni filosofiche, e particolarmente hegeliane, per l'influenza di Gentile, di Croce e del marxismo, così come un po' anacronistico sembrava a molti suoi allievi anche il suo pensiero politico tanto legato alla tradizione risor­gimentale.
Eppure dei ritardatari hanno fornito spesso un serio fondamento scientifico al cammino di molti giovani ricercatori. E non penso soltanto a Ghisalberti, ma pure ad un altro dei nostri insegnanti, che ricordo altresì con affettuosa riconoscenza, cioè a Ottorino Bertolini, che, come il Ghisa, non era certamente seguace della filosofia positivistica, ma insisteva nel­l'indi carci un rigoroso metodo nella ricerca e nella critica delle fonti, che alla storiografia ed alla metodologia del positivismo certamente si collegava, anche se risultava più ricco e più maturo. Certo è che Ghisalberti e Bertolini hanno introdotto diversi studenti romani nel laboratorio dello storico ed hanno indicato i ferri di un duro mestiere, mostrando il fascino di un pur faticoso cammino per l'acquisizione di verità, naturalmente parziali e prov­visorie, ma sempre ancorate ad un solido fondamento.
Non filosofo né politico, Ghisalberti, in epoca di frequente subordina­zione dell'attività storiografica a schemi di filosofia della storia e a rigide impostazioni ideologiche, invitava i giovani a rimboccarsi le maniche, a ricer­care ed a verificare, partendo da ipotesi e non da tesi, con atteggiamento critico e leale verso le fonti, per giungere a ben motivati giudizi.
Invitava a frequentare anzitutto le biblioteche, non soltanto per cono­scere la letteratura sull'argomento, ma per utilizzare fonti stampate, alle quali attribuiva grande importanza; oltre ai libri, indicava infatti gli atti delle assemblee e i periodici, soprattutto i quotidiani, non tanto per l'accer­tamento dei fatti, quanto per comprendere il punto di vista, l'ispirazione,