Rassegna storica del Risorgimento
GHISALBERTI ALBERTO M.
anno
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1986
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Fausto Fonzi
di una visione del Risorgimento, che sarebbe stata successivamente consacrata in autorevoli interpretazioni storiografiche.
La raccomandazione di Ghisalberti a tener conto di ogni specie di fonti (così da illuminare, non solo gli aspetti strettamente politici o relativi all'alta cultura degli intellettuali, ma pure quelli concernenti la storia della psicologia individuale e collettiva, della mentalità di minoranze e di più vasti ambienti popolari) si collegava anche al suo invito a evitare l'espressione di giudizi fondati (per frettolosa superficialità o per interessati pregiudizi) sulla utilizzazione di una sola fonte, di una sola voce. Chi dei suoi allievi non ricorda il frequente richiamo al principio dell'* Audiatur et altera pars , dell'* Odi l'altra parte... ? Egli ricordava infatti che lo storico deve sì esprimere delle valutazioni, delle conclusioni, ma solo dopo avere ascoltato le diverse parti, per giungere a dei giudizi ben fondati ed equilibrati, facendo sì che l'attività storiografica non si riduca ad un prolungamento nel tempo di antiche faziosità. Proprio la possibilità (soprattutto nello studio di tempi recenti) di raggiungere molte fonti di diversa origine doveva infatti, a suo parere, essere ampiamente sfruttata per garantire il carattere profondo e comprensivo di conclusioni da esprimere al termine di un lavoro compiuto senza vincolanti pregiudizi o paraocchi.
Egli dava poi molta importanza all'ultima fase del lavoro dello storico, quella della comunicazione, della preparazione del dattiloscritto per la pubblicazione, soprattutto quando si trattava di un libro. Esortava, con le parole e con l'esempio, al rigore metodologico anche formale, alla citazione precisa, alla esatta indicazione delle collocazioni archivistiche, alla completezza della bibliografia; alla personale e attenta cura dell'indice dei nomi. Non ammetteva l'assenza, in un volume dì storia, di tale indice e raccomandava di porre sempre, accanto ai cognomi, i nomi di battesimo per intero, anche come verifica utile ad evitare la pubblicazione a catena di errori e imprecisioni, come controllo di una esatta identificazione delle persone, come spia insomma della serietà, della moralità, dell'intero lavoro.
Non si proclamava pedagogista o cultore di didattica della storia , ma voleva essere e fu maestro di insegnanti per le scuole secondarie e per le università. E insegnava soprattutto, principalmente con l'esempio, a non limitarsi alla ripetizione di forme tradizionali, ufficiali e obbligatorie (anche se era assiduo ai tre appuntamenti settimanali per le lezioni), ma piuttosto a ricercare, a inventare, a praticare forme didattiche diverse e nuove; a cogliere ogni occasione adatta a far meglio comprendere il passato, e a presentare gli strumenti utili per conoscerlo, agli studenti e ai laureati.
Preparava la lezione anche per ciò che riguardava la forma, per dare ad essa la massima efficacia; egli, grande conferenziere, costruiva infatti con cura una esposizione ben proporzionata e, parlando a voce alta e chiara, riusciva a far sì che le citazioni, a memoria o leggendo dei testi, non risultassero pesanti, ma contribuissero invece a rendere la lezione più viva per la suggestione che esercitava sugli studenti il diretto ascolto delle testimonianze.
Ho già ricordato le esercitazioni e i seminari, che avevano luogo alla Università (ove, se ben rammento, discussero le loro tesine Bruno Gatta e Salvatore Carbone), ma più spesso al Vittoriano; Ghisalberti pensava però che un insegnamento efficace dovesse trovare anche altre forme, non obbligatorie e più rare, meno ortodosse e meno ufficiali, da realizzare anche