Rassegna storica del Risorgimento
GHISALBERTI ALBERTO M.
anno
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1986
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Fausto Fonzi
Già durante le lezioni e le esercitazioni egli aiutava gli studenti a cogliere i caratteri distintivi dello spirito di Roma e dei Romani, non soltanto leggendo e criticando i documenti, ma richiamandosi anche a fonti letterarie, soprattutto ai versi del Belli, ma anche di Pascarella o di Trilussa, ed a fonti figurative; utilizzava infatti opere del romanizzato Piranesi o del Pinelli, ma ricordava anche quelle di un forestiero come il suo Massimo Taparelli, attento illustratore principalmente della campagna romana, ma anche di angoli della città e di figure caratteristiche dell'ambiente romano. Avvertiva però che le condizioni di vita dei romani prima e dopo l'Unità dovevano ricercarsi nelle poche ricerche esistenti (e citava quella dell'Orano su Testacelo, ed anche quelle della Monografia su Roma), mentre le opere dell'Azeglio potevano valere, come quelle di altri viaggiatori, per studiare l'immagine che della città eterna potevano avere gli stranieri o gli italiani di altre regioni, anche al fine di meglio comprendere l'impatto fra ì vecchi romani e i buzzurri giunti dopo il 70.
L'incontro più. diretto con Roma avveniva però fuori dalle aule universitarie. Ricordo infatti soprattutto le passeggiate che egli amava compiere con alcuni allievi dopo le esercitazioni del primo pomeriggio del sabato e che spesso si concludevano nelle librerie, principalmente antiquarie (come quella del suo amico Gerra). Egli ci segnalava gli alberghi nei quali si erano fermati, e avevano parlato alla folla, Mazzini o Garibaldi, le case nelle quali aveva abitato d'Azeglio, il luogo dove era caduto, sotto le pugnalate, Pellegrino Rossi; ma nelle sue parole si coglieva, al di là di questi episodi dell'Ottocento, l'interessamento per la storia cittadina nella sua continuità. Infatti le vicende di questi e altri forestieri animatori del Risorgimento nazionale si andavano intrecciando, proprio in quei luoghi, con la millenaria storia di Roma, ch'egli aveva indagato anche per l'epoca medioevale, pubblicando La vita di Cola di Rienzo, e che era storia di quella che ormai era divenuta la sua città, la sua piccola patria .
Di questa città, nella quale era giunto giovanissimo e che molto amava, egli conosceva la complessità e la ricchezza, lo spirito e le vicende, soprattutto del periodo in cui era maturato il congiungimento della Roma già dei Cesari e ancora dei Papi con l'Italia laica e liberale, prima che avesse attuazione la coesistenza del centro del cristianesimo cattolico e della capitale dello Stato nazionale. Egli aiutava a cogliere il rapporto fra la storia locale e quella dell'intera nazione (senza dimenticare però il significato universale che la città conservava soprattutto per il mondo cattolico), rivelando il suo atteggiamento di viva simpatia per la Roma contemporanea costituita tanto dai Romani de Roma dei vecchi rioni (molto attivi, a suo giudizio, anche nella rivoluzione, non soltanto forestiera, del 1849) quanto dai burini e buzzurri affluiti da varie parti d'Italia e stabilitisi soprattutto nei rioni più recenti e nei nuovi quartieri. Ed i suoi allievi (da Alberto Caracciolo a Fiorella Bartoceini, da Giuseppe Talamo a Mario Casella) ben compresero che la storia anche politica della città, della piccola patria , non si era certamente conclusa con il 1870 e non poteva dissolversi completamente in quella dello Stato nazionale.
Per ciò che riguarda i viaggi in Italia, più che sulle gite ch'egli compì con gli studenti a Gaeta, a San Leo o a Caprera, vorrei porre l'accento sul significato che assunse un viaggio ch'egli dedicò particolarmente a un folto gruppo di laureandi e laureati, sul Grappa, a Gorizia e nella zona A del