Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.
anno <1986>   pagina <499>
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Insegnante universitario a Roma 499
Territorio libero di Trieste nel 1953. Se, in genere, i viaggi in Italia erano per lui un'occasione per insistere sulle differenze, non soltanto di idee, ma di mentalità e di forme espressive, fra le diverse regioni e città italiane (differenze che incidevano, fra l'altro, anche sulla fisionomia dei grandi partiti nazionali: dei moderati che interessavano Talamo, come dei demo­cratici cari a Della Peruta), in quella escursione in zone di frontiera l'accento venne posto sul rapporto fra le nazioni; ed egli volle che i suoi allievi, nel porsi di fronte al problema ancora aperto del confine orientale, partissero da una conoscenza realistica del presente, che giudicava utile anche per una buona conoscenza del passato quasi alla maniera di quel metodo regres­sivo del quale trattano gli studiosi di didattica. E coloro che parteciparono a quel viaggio ricordano la netta presa di posizione, ispirata ai princìpi del nazionalitarismo risorgimentale, che egli assunse in polemica con chi, sul monte Grappa, collegava la questione di Trieste a quella di tutta l'Istria e di tutta la Dalmazia con retoriche accentuazioni nazionalistiche e belliciste. Certamente quel viaggio non rappresentò per noi soltanto un benefico bagno di realismo, sul quale fondare la volontà di collaborazione fra popoli diversi, ma fu anche un'ottima occasione, offertaci dal nostro insegnante, per coglie­re, dato il particolare clima nel quale si viveva a Trieste, gli echi di pensieri, sentimenti e passioni del 1914-18, ed anche per comprendere l'Ottocento, in un'epoca nella quale sempre più venivano prevalendo preoccupazioni e motivazioni assai differenti, che diversamente avrebbero caratterizzato la realtà dell'Italia contemporanea.
Il superamento di chiusure nazionalistiche non era confermato soltanto dalla quotidiana gestione dell'Istituto del Risorgimento, che egli volle aperto, non soltanto in occasione dei Congressi, ad un continuo cordiale colloquio con studiosi di ogni parte d'Europa e di altri continenti, ma anche dallo spirito che animò i viaggi di laureandi e laureati, che egli guidò a Vienna ed a Parigi nel 1955 e 1957.
Il breve soggiorno in Austria, pur nell'atmosfera politico-militare che ricordava le immagini del Terzo uomo, aiutò a comprendere dall'interno il grande nemico dell'Italia risorgimentale ed anche a cogliere il fascino del grande Stato plurinazionale degli Asburgo. Forse più che le visite alla Hof-burg o alla cripta dei Cappuccini, o anche ai luoghi che conservano fonti scritte relative all'Italia, a biblioteche o ad archivi, quella al Kunsthisto-risches Museum, con le sale dedicate alla pittura toscana o veneta, accanto a quelle riservate ai pittori tedeschi, spagnoli o fiamminghi, dava il senso della ricchezza ed anche della fecondità di una formazione politica che aveva certamente assunto caratteri di soffocante autoritarismo burocratico, ma aveva pure assicurato coesistenza e collaborazione tra diverse tradizioni etniche e culturali. E ciò faceva meditare e discutere all'indomani di lace­ranti divisioni e sanguinosi conflitti fra le nazioni europee.
Nella capitale della Francia Ghisalbertì faceva respirare ai suoi allievi soprattutto l'atmosfera ch'era stata propria della nazione egemone in Europa al tempo della unificazione italiana; il fascino della grande nation rivo­luzionaria si congiungeva a quello che emanava dalle sedi del potere impe­riale, ma l'attenzione si volgeva particolarmente ai luoghi nei quali vivevano e si incontravano gli esuli italiani (come il caffè Procope), che qualcuno collegava ai ricordi di una più recente emigrazione politica.
Certamente quei viaggi attraverso l'Europa ampliavano l'ambito degli