Rassegna storica del Risorgimento
GHISALBERTI ALBERTO M.
anno
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1986
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Fausto Ponzi
interessi dei giovani studiosi, favorendo il superamento di ogni concezione di un Risorgimento autoctono e autosufficiente e stimolando l'orientarsi della attenzione verso rapporti internazionali non limitati al solo aspetto diplomatico.
Ho già notato come Ghisalberti considerasse strettamente legati l'insegnamento e la ricerca, perché non concepiva, almeno a livello universitario, la possibilità di una scissione; per lui era inammissibile un insegnamento universitario che non facesse della ricerca la sorgente stessa e l'essenza del lavoro didattico o che, viceversa, trascurasse sostanzialmente quest'ultimo per un'attenzione quasi esclusiva all'impegno scientifico ed alla comunicazione solo con altri mezzi dei risultati delle ricerche. Per questa ragione a lui apparvero incomprensibili, nell'ultimo ventennio, le proposte di esclusione di tesi e tesine dalle Università per una enfatizzazione di un impegno didattico concepito solo in termini esterni e quantitativi, con forte riduzione del contenuto scientifico che sarebbe derivata dalla rinuncia alla ricerca personale dello studente; cosi come inaccettabili gli apparvero le varie forme attraverso le quali dei docenti finivano per sottrarsi al loro fondamentale compito, cioè all'insegnamento. Queste profonde sue convinzioni circa lo stretto legame fra ricerca e didattica si manifestavano in tutta la sua opera, ma, naturalmente, erano espresse con maggior forza ed evidenza quando egli si rivolgeva a quegli allievi che si avviavano a seguirlo, che intraprendevano il suo stesso cammino, che cercavano di diventare, sotto la sua guida, degli onesti docenti nelle università.
Ghisalberti era profondamente convinto che non si nasce buon ricercatore e neppure si nasce buon insegnante; che perfino le migliori attitudini innate richiedano una lunga maturazione, un tirocinio, un apprendistato, per dare buoni frutti. Credeva che già il lavoro nelle scuole secondarie, dalle quali egli stesso proveniva, potesse servire come primo tirocinio, valido certamente per verificare la vocazione dell'insegnante, il cui lavoro, secondo Ghisalberti, per essere efficace doveva necessariamente fondarsi sul reale interesse del docente, non solo per l'oggetto dell'insegnamento, bensì anche e forse principalmente per i destinatari di quest'ultimo, cioè per gli studenti. Naturalmente riteneva ancor più fruttuoso l'apprendistato nella condizione che era specificamente diretta alla formazione del docente universitario, quella cioè dell'assistente volontario (come anch'egli, per qualche tempo, era stato) e dell'assistente di ruolo. E credeva con forza nell'efficacia di un ottimo rapporto personale fra il titolare di un insegnamento e il giovane apprendista, che voleva imparare il mestiere, di un rapporto cioè fondato sulla reciproca fiducia.
Sì insegna a ricercare avrebbe scritto a proposito del compito dell'insegnante nei confronti dell'assistente; ma avrebbe aggiunto l'assistente è chiamato ad assolvere ad una funzione didattica e non ad un compito puramente scientifico , e perciò la scelta del collaboratore dev'essere fondata anche sulle doti del carattere, della dirittura morale, sulla capacità didattica. Credeva inoltre, come si è detto, che l'opera di formazione di un insegnante universitario richiedesse gradualità nella conquista di una sempre maggiore capacità a fare della ricerca scientifica, a comunicare efficacemente con giovani studenti, a valutare con equilibrio i risultati conseguiti da questi ultimi, senza illudere, ma anche senza scoraggiare, durante gli esami, nella