Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; UNIVERSIT? DI ROMA FACOLT? DI LETTERE E
anno <1986>   pagina <508>
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Jole Pernacchia Galli
che ci fosse rapporto tra l'analisi della situazione e le dimissioni. Pagliaro, giudicando il testo del Preside come un documento nobilissimo , espresse l'avviso che dimettersi avrebbe significato corresponsabilizzarsi. A parte altri interventi forse mal verbalizzati come quello della Guarducci (si dichiara d'accordo con Calogero e Pagliaro e ritiene che debba approvarsi la lettera del Preside ), può dirsi che le varie opinioni si enuclearono in due direzioni: una favorevole alle dimissioni in massa, con funzione dimostrativa, di tutti i Direttori di Istituto (Roncaglia, Pallottino, Romeo, Argan, Schirò, Marietti, Becatti e Grottanelli), l'altra contraria, ravvisando in tali dimissioni il peri­colo di un vuoto di potere (Pugliese Carratelli e Melchiori). Il Segretario Gregory aveva presentato fin dalle prime battute una sua mozione d'ordine con la quale disconosceva ritualità alla discussione in quanto la Facoltà, il 23 aveva deciso di discutere i problemi concernenti l'occupazione e quelli ad essi connessi nella seduta allargata da tenersi entro il 10 marzo. La discussione peraltro andò avanti lungamente, intervennero anche Ruggero Moscati e Visalberghi finché Pagliaro ritenne di appoggiare la mozione Gregory. Fu allora che Ghisalberti prese nuovamente la parola: scusatemi, ma mi fate vivere l'esperienza di un morto apparente che, steso sul suo letto, senta i parenti in lacrime discutere i termini del necrologio da mandare ai giornali . La Facoltà, chiaramente divisa, chiuse il dibattito con la seguente frase: Il Consiglio di Facoltà esprime il suo vivo dolore per le dimissioni del Preside e gli rivolge il ringraziamento più vivo per l'opera da lui svolta in difesa dell'autonomia e dell'attività scientifica e didattica della Facoltà .
A quei tempi, durante i Consigli di Facoltà, io stazionavo nei pressi semmai potessi essere utile. Uscendo, il Preside Ghisalberti mi mise una mano sulla spalla e mi disse due parole: cara cittadina! , ed io capii del tutto solo quando mi fu consegnato il verbale.
La Facoltà si riunì di giorno successivo e fu presieduta ancora da Ghisalberti e si parlò di esami. A parte i soliti formalismi, e cioè se fosse corretto parlare delle questioni connesse, Morelli chiese se rispondeva a verità che una delegazione di docenti fosse andata a parlamentare con gli occupanti per sapere quali condizioni essi pongono perché si facciano gli esami: la notizia era uscita sui giornali. Pugliese Carratelli negò che ci fosse stata una delegazione, ma ammise che lui, insieme ad altri colleghi (Mariotti, Brelich, Campana, Mazzarino e Visalberghi) erano andati a sag­giare il terreno a titolo personale. Baldacci, nel comunicare di essersi recato anche lui in Facoltà ma non ... a parlamentare con gli studenti , dichiarò scandalizzato di aver dovuto presentare la tessera per entrare e di aver subito la richiesta di un pedaggio in denaro. Nel frattempo si verificarono altri gravi incidenti in Facoltà e gli occupanti chiusero i cancelli.
Il Consiglio di Facoltà era riunito nella sala del Senato Accademico, non certo strutturato per ospitare un'adunanza di oltre 80 persone contando solo i presenti. La discussione fu fittissima (circa 100 interventi verbalizzati), contraddittoria e sofferta. In alcuni momenti degenerò: Grottanelli, che sostituiva Gregory assente giustificato, dovette verbalizzare segue una di­scussione rumorosa e simultanea di molti presenti . Per i professori inca­ricati prese la parola Glannantoni. La seduta, durata sei ore, sì concluse con la presentazione di mozioni in due ondate: nella prima furono messe ai voli quella di Visalberghi, ispirata a un intervento di Calogero,