Rassegna storica del Risorgimento

GHISALBERTI ALBERTO M.; STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1986>   pagina <513>
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Vecchie polemiche e questioni attuali 513
Moscati; 6> e mi sembra che gli sviluppi ulteriori della realtà e della cultura non abbiano infirmato ma piuttosto rafforzato le mie conclusioni. L'Italia del dopoguerra conosce una scala di valori nella quale patria e nazione, battaglie per l'unità e tradizioni militari, volontarismo e irredentismo, occu­pano un posto assai minore di altri che intanto sono venuti in primo piano: quando i precedenti risorgimentali non sono addirittura scomparsi dalle tavole ufficiali dei princìpi e, ciò che più conta, dal sentimento della gente comune. Deplorarlo non avrebbe senso storicamente, come non ne avrebbe deplorare che la storia europea e mondiale dell'ultimo mezzo secolo non abbia seguito un corso diverso. Ma il discorso si fa più problematico e acquista una attualità meno evidente a primo sguardo, se invece si coglie la tematica sottostante al rapporto fra storia contemporanea e storia del Risorgimento proposto in quella antica polemica.
Chi, come Antonio Monti o Niccolò Rodolico (per restare al caso nostro), suggeriva di sciogliere la storia del Risorgimento nel più vasto quadro della storia contemporanea era non meno di chi invece, come Ghisalberti, difen­deva l'autonomia della disciplina, convinto fautore e partecipe dei valori del Risorgimento e della sua storia (che, scriveva Monti nella cit. lettera del 17 novembre, è la mia vita): e con le sue proposte intendeva non già sminuire ma potenziare il significato del processo unitario nella storia del nostro paese e dell'Europa moderna. Per chi era persuaso, come un po' tutti questi studiosi, che le origini andassero ricondotte sino ai primi del Settecento, la formazione dello Stato nazionale appariva il momento culminante di tutto un processo di rinascita della vita e della società italiana, da riscontrare nella vita economica e nella cultura non meno che nelle vicende propriamente politiche. Riforme principesche, prime forme di capi­talismo manifatturiero, illuminismo andavano dunque ad ampliare il signi­ficato del movimento in cui occupava un posto di primo piano l'iniziativa politico-militare dei Savoia non meno delle cospirazioni rivoluzionarie e repubblicane. E tuttavia, al di là delle intenzioni dei fautori di questo allargamento di orizzonti, il rischio di una riduzione del valore politico e morale del Risorgimento avvertito da Ghisalberti non era solo frutto di una più scontrosa sensibilità. L'accentuazione dell' onda lunga avviata ai primi del Settecento implicava in effetti una minore attenzione al valore innovativo che il processo risorgimentale possedeva di per sé, come fatto specificamente morale e politico; col risultato di promuovere un orientamento volto a guardare anche gli effetti dell'Unità e della creazione dello Stato nazionale piuttosto come prolungamento di quei più lontani antecedenti che non come prodotto della nuova realtà politica e istitu­zionale.
Nel 1941 tutto ciò poteva essere avvertito solo vagamente: ma negli studi del dopoguerra il rischio di svuotare di contenuto il processo politico a vantaggio delle continuità a livello economico e culturale si è mani­festato con grande rilievo. Basta rinviare, per ciò, alle discussioni sul ruolo
6> R. MOSCATI, La tradizione del Risorgimento e la presente realtà italiana, in Elstnore, a. I (1963), n. 1, pp. 57-63; R. ROMBO, // significato storico delta tradizione risorgimentale, ivi, a. I (1964), pp. 63-67; R. MOSCATI, Uno Stato senza parametri, ivi, a. I (1964), n. 3, pp. 76-79.