Rassegna storica del Risorgimento
GHISALBERTI ALBERTO M.; STORIOGRAFIA ITALIA
anno
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1986
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pagina
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Rosario Romeo
più o meno significativo dello Stato unitario come agente dello sviluppo economico, che più volte è stato ridotto o negato fin quasi ad annullarlo. Ma la ricerca della continuità si registra anche nella insistenza sulla continuità della tradizione letteraria italiana anche durante e dopo il Risorgimento; e si spinge talora, come nel caso di certa storiografia cattolica, fino alla visione del Risorgimento come mera parentesi nella storia d'Italia, destinata a riprendere, dopo le deviazioni nazionali e laicistiche, la via maestra segnata dalla Provvidenza alla sede del papato. Contro queste, che sono vere deviazioni storiografiche, prodotte dall'ideologia confessionale, e in genere contro la tendenza ad appiattire il processo unitario al livello di un mero sviluppo della società e dell'economia, la rivendicazione della specificità del Risorgimento e dell'autonomia della disciplina dedicata alla sua storia assume un valore che non è solo nominalistico e neppure etico-politico, quanto piuttosto riaffermazione di un preciso fatto storico, che non potrebbe essere smarrito senza gravi fraintendimenti e deformazioni della realtà, e dunque senza pregiudizio della conoscenza scientifica della storia del nostro paese.
Una questione anche più vasta, che investiva il metodo e la natura degli studi storici in generale, era poi alla radice delle motivazioni che Rodolico adduceva a giustificazione della sua proposta di trasferire a Scienze politiche lo studio dell'età contemporanea. La replica di Ghisalberti, volta a mantenere la storia del Risorgimento nell'ambito tradizionale della facoltà di Lettere, non negava che uno studio adeguato della storia richiedesse conoscenze di diritto pubblico, economia, lingue straniere; e anzi metteva in rilievo come una analoga strumentazione intellettuale fosse richiesta anche dagli studi sull'età moderna e medioevale. Implicitamente, però, la collocazione universitaria auspicata da Ghisalberti valeva a sottolineare l'irrinunciabile carattere umanistico che lo studio della storia deve conservare, se non si vuole smarrire il senso dei valori spirituali che nella realtà agiscono in modo determinante o, in altro linguaggio, se non si vuole chiudere gli occhi alla funzione creativa della libertà nella storia. Rodolico tendeva invece a mettere in rilievo i legami fra studio del passato e scienze sociali. Era una tematica già vivamente avvertita in epoca positivistica, e che l'egemonia idealistica non era valsa, come si vede, a cancellare del tutto neanche nel periodo dei suoi maggiori successi; ed essa si riaffaccerà con rinnovato vigore nell'Italia del dopoguerra, mentre non era mai stata lasciata cadere nei paesi anglosassoni e in Francia, dove proprio negli anni Trenta essa cominciava ad alimentare quella che diventerà più tardi la scuola delle Annoles.
Insistere sul mantenimento degli studi storici, inclusi quelli sul Risorgimento e l'età contemporanea, nell'ambito della facoltà di Lettere equivaleva, dunque, ad una implicita accentuazione del loro carattere umanistico: e non sarà certo chi scrive a lamentarlo. Sono anzi persuaso che tale collocazione accademica ha contribuito anche dopo il 1945 a salvaguardare questa fisionomia degli studi storici italiani, e a garantirli da deviazioni e scientifismi velleitari che da noi non sono certo mancati ma che non hanno tuttavia raggiunto dimensioni né provocato danni paragonabili a quelli registrati in altri paesi. Ma tutto ciò ha avuto un costo non lieve nella lentezza con la quale sono state acquisite nei nostri studi acquisizioni tecniche indispensabili, e che si sono fatte strada solo dopo aver superato