Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVI PRIVATI; CHIETI STORIA 1799-1800; GIACOBINISMO CHIETI;
anno <1987>   pagina <13>
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Processo ai giacobini di Chieti (1799-1800) 13
Pronio, prima ancora che il Ruffo raggiungesse Napoli. Le intemperanze e le vessazioni di quest'ultimo formano oggetto di ben tre relazioni alla Giunta di Governo del Consigliere Raffaele de Giorgio, Visitatore interinale, dalle quali traspare netta la preoccupazione per il peso politico e militare delle bande del Pronio che formavano un grosso ostacolo al ristabilimento della pace sociale e della vita civile in quelle zone. Si trattava di tenere a bada una forza ingente di uomini armati, fedeli al proprio capo del quale solo riconoscevano l'autorità; truppa che, peraltro, si accresceva di nuovi prose­liti,: visto che l'estroso comandante non disdegnava di vestire con l'uniforme del suo corpo di fucilieri e di sottrarre alla giustizia, irridendola, alcuni ladroni da strada che il de Giorgio gli aveva ordinato di arrestare e che si permetteva anche di mantenere nel loro vecchio ufficio, nella fortezza di Pescara, numerosi repubblicani che avevano servito ai comandi di Ettore Carafa.
Queste le preoccupazioni politiche e di polizia che il de Giorgio rife­risce alla Giunta di Governo per chiedere lumi; e le risoluzioni di quest'ultima non possono che essere estremamente caute: si acceleri la partenza per Roma delle bande; si minacci il Pronio di perdere il favore reale; si faccia opera di convincimento. In realtà le cose si tranquillizzeranno solo in seguito, ai primi di ottobre, con l'arrivo dell'energico Visitatore titolare Ignazio Ferrante e la partenza delle masse per gli Stati Romani.
Ulteriore cruccio fu per il de Giorgio il problema delle carte repub­blicane; se ne è già fatto cenno a proposito delle fonti. È ora da sottolineare che il fatto che le detenesse il Pronio e che si sia sempre rifiutato di restituirle e soprattutto il commercio che se ne faceva con gli stessi Rei di Stato (probabilmente quelle utilizzate per i processi contro i democratici sono soltanto un residuo depurato dagli atti più compromettenti) doveva costituire un inquinamento delle prove tale da rendere in buona parte inef­ficace la funzione giudiziaria del Visitatore.
Questo era l'altro aspetto delle competenze attribuite ai Visitatori Gene­rali, come eredi dei Delegati di rito siculo: quello, cioè, di istruire processi criminali nei confronti dei fautori della cessata anarchia in modo da purgare le province dai più noti repubblicani e comunque da coloro che avevano dato il loro appoggio ai francesi occupatoli o che avevano opposto resistenza armata alle truppe ed alle masse realiste.
Come per la Giunta di Stato, così per i Giudici locali, due sole sono le pene previste dalle disposizioni ricevute, da applicarsi per tal genere di reati: morte ed esilio; nuovo il rito da adottarsi ed estraneo alla parte continentale del Regno: quello di Sicilia. Quest'ultima funzione, quella di procedere penalmente contro i Rei di Stato, completa il rapporto fra gli organi operanti nella capitale ed i funzionari o, se si vuole, i magistrati, provinciali. Sicché, se sotto il profilo politico e di polizia i Visitatori si giustappongono alla Giunta di Governo, sotto quello della giustizia penale speciale, per l'accertamento e la punizione dei reati politici2*) essi vanno
25) L. COPPA-ZUCCARJ, L'invasione francese cit., voi. II, pp, 118-122, doc XCIV; le tre relazioni sono del 14, 21 e 28 settembre 1799.
26) La distinzione netta fra materia criminale politica e comune non appare, in certi procedimenti del Visitatore Generale Ignazio Ferrante e del suo Assessore Raffaele de