Rassegna storica del Risorgimento
SOCIET? ITALIANA DI MUTUO SOCCORSO ARGENTINA
anno
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1987
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pagina
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63
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LIBRI E PERIODICI
ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO. COMITATO DI VITERBO, AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VITERBO, Atti del terzo Convegno interregionale di Storia del Risorgimento. La figura e l'opera di Francesco Orioli (1783-1856). Viterbo, 15-16 ottobre 1983; Viterbo, Stabilimento Tipolitografico Agnesotti, 1986, in 8, pp. 125 con ili. L. 15.000.
L'attenzione rivolta dagli storici del Risorgimento a personaggi cosiddetti minori ha avuto e ha motivazioni diverse, che vanno dall'interesse per i protagonisti di lotte politiche e di battaglie ideali condotte all'ombra del proprio campanile, alla condivisione dei motivi profondi che ispirarono l'azione di quegli uomini, all'originalità di talune figure, contrassegnate da tortuosi percorsi politici, da complesse e non sempre coerenti scelte di vita.
Tutte queste motivazioni si attagliano alla figura di Francesco Orioli, ma, ad un tempo, spiegano lo scarso interesse mostrato dalla storiografìa per l'uomo politico e lo studioso, vissuto tra il 1783 e il 1856. Nativo della provincia di Viterbo, Orioli non svolse qui la sua attività politica, se si esclude la fugace e contradittoria esperienza del 1848. Protagonista della vita universitaria bolognese negli anni della restaurazione, fino a divenire uno degli uomini-guida della rivoluzione del 1831, il suo successivo ripiegare su posizioni sempre più palesemente reazionarie ha indotto gli storici ad una certa cautela nei suoi confronti.
Non strettamente legato ad un campanile (non al punto da poter divenire protagonista esemplare di una storia cittadina), non ancorato solidamente ad un credo, ad una parte politica, Orioli ebbe anche il dono (o il difetto) di un singolare eclettismo culturale: dagli studi in legge e in medicina a quelli di fisica, dalle propensioni letterarie a quella che fu la sua più grande propensione intellettuale, l'archeologia etnisca.
La complessità dell'uomo al quale riesce diffìcile attribuire un unico appellativo, tanti furono i campi nei quali si cimentò, e in modo tale che nessuno di questi ebbe decisamente il sopravvento sugli altri emerge dalle sue memorie, pubblicate in due versioni alla fine del secolo scorso, e dagli altri scritti editi, dal carteggio rinvenuto (non particolarmente nutrito) e dai giudizi dei contemporanei, per lo più stringati e critici, almeno per quanto concerne la sfera politica.
Il convegno di Viterbo ha per la prima volta analizzato criticamente questa figura nella sua complessità e in tutte le sue sfaccettature. Della formazione di Orioli o meglio, del suo rapporto con la terra natale, con Viterbo e con Montefiascone, dove compì gli studi ha trattato Vittorio Emanuele Giumella, con una relazione ricca di suggestioni, costruita su quelle pagine delle memorie che fanno balenare squarci di vita materiale e di cultura popolare, e incentrata su quella scoperta dell'antica fitruria che, realizzata negli anni giovanili, rappresentò l'elemento base di tutti gli studi archeologici successivi di Orioli.
Del protagonista della rivoluzione del 1831 ha parlato Umberto Marcelli, muovendo dal 1815, anno nel quale Orioli si trasferisce a Bologna per insegnarvi Fisica generale e particolare. Massone, più che carbonaro, non privo di legami con gli ambienti della cospirazione, aperto alle idee nuove nella politica come nella scienza, gradito agli studenti, anche per la sua versatilità ed eloquenza, ma moderato nelle proprie convinzioni politiche e, ad un tempo, sia pure con qualche incertezza, moderatore della folla: questa è l'immagine, non priva di risvolti dall'incerta definizione, dell'Orioli bolognese . La sua partecipazione alla breve vicenda rivoluzionaria del 1831 à una sorta di cartina di tornasole dei caratteri distintivi dell'uomo e del politico: moderato, all'interno di un eterogeneo gruppo che si pose alla testa di un movimento elitario, quanto oggettivamente